Luca Bertolo, Grande Corteo |
venerdì 8 dicembre 2023
PITTURA ITALIANA OGGI ALLA TRIENNALE DI MILANO (FINO AL 14 FEBBRAIO) CON OPERE (120) DEGLI ULTIMI TRE ANNI E AUTORI NON PIÙ CHE SESSANTENNI TENTA LA DIFFICILE SFIDA DI FARE IL PUNTO SULLA SPECIFICITÀ DELL'ARTE PITTORICA AL TEMPO DEGLI ARREMBANTI FOTOGRAFIA, CINEMA, SCULTURA E INSTALLAZIONI. FINITO IL TEMPO DELLE CORRENTI E DELLO SPERIMENTALISMO SI CERCANO SOLUZIONI ORIGINALI PER ATTESTARE, DENUNCIARE E RAPPRESENTARE UNA REALTÀ E UNA CONDIZIONE UMANA MUTEVOLI E CON FRAGILI CERTEZZE
lunedì 20 novembre 2023
PETITES, FILM DI UN ANNO FA PRESENTATO AL FESTIVAL DI LOCARNO FINALMENTE NELLE NOSTRE SALE. SARÀ AL VICTOR DI SAN VITTORE (CESENA) A PARTIRE DAL 28 NOVEMBRE. PROTAGONISTE SONO GIOVANISSIME "MAMME PER CASO". MANCATE E NON. QUELLA DI CAMILLE IN PARTICOLARE, PIACCIA O NO, É UNA STORIA DI CRESCITA. ATTRAVERSO UN INCIDENTE, LA MATERNITÀ PRECOCE, INDESIDERATA E INCONSAPEVOLE. CHE DIVENTA NECESSARIAMENTE ANCHE L'INIZIO DI UN PERCORSO. UN'ESPERIENZA CHE SEGNERÀ NEL BENE E NEL MALE LA VITA DELLA RAGAZZA
Mica facile trovare un perché del sottotitolo assegnato alla edizione italiana di Petites, film uscito a Locarno 2022, tenuto in parcheggio per più di un anno e finalmente proposto in prima visione in Italia a partire da ottobre 2023 e a Cesena dal 28 novembre al 3 dicembre al CineTeatro Victor di San Vittore come terzo e ultimo della IX edizione della rassegna La Grande luce vertente su Cinema e spiritualità. Nell'originale francese dell'opera della regista Julie Lerat-Gersant, non c'è la ridondanza che sta sotto: La vita che vorrei... per te. Giustamente, perché oltre che inutile, se non fuorviante, aggiunge un finalismo, di schietta matrice moralistica nostrana, che il film, figlio della scuola dei Dardenne, non ha. É una tranche de vie cruda e aliena da letture preconfezionate.
La trama del resto è semplicissima: Camille, 16 anni, adolescente a dir poco assertiva, è incinta e, avendo superato il terzo mese di gravidanza, non può abortire: la deve portare a termine. Vive con la madre pure lei con i suoi deficit e le viene imposto di entrare in un istituto con altre come lei: sia che non intendano tenere il bebè sia che, come Camille, scelgano l'opposto. Nel primo caso sono anche accompagnate nei primi passi di madre: anche per accertarsi che ne siano minimamente in grado. Nel secondo fino al parto e alla immediata messa in adozione della creatura. Insomma, benvenuti nei disagi e problemi della famiglia mono-nucleare dei tempi d'oggi. Non ultimo quello della maternità precoce.
A Camille, come alle altre, nel suo percorso al parto viene associata una figura di supporto. Non proprio un personaggio di dettaglio. Il cinema francese riserva sempre molto riguardo per le professionalità del mondo educativo: dalla scuola all'assistenza alla famiglia. Non sono mai né macchiette né caricature né idealizzazioni.
Accanto a questa figura Camille nell'istituto compirà infatti un percorso di crescita di tutto rispetto, pur restando una ragazza con zero intenzione di fare la madre così presto. Una diciassettenne con alle spalle un'esperienza che non mancherà di segnarla: nel bene e nel male. Al che siamo al punto di partenza: che c'azzecca con la storia di Camille quel La vita che vorrei... per te, resta un mistero. Questo sì, irrisolto.
mercoledì 1 novembre 2023
THE VANISHING SOLDIER DI DANI ROSENBERG, FILM ISRAELIANO PRESENTATO QUEST'ESTATE A LOCARNO 77, CON LA SUA STORIA ROCAMBOLESCA DI SHLOMI, GIOVANE SOLDATO ISRAELIANO CHE DISERTA E TORNA NELLA SUA TEL AVIV DEGLI AFFETTI E DEL QUOTIDIANO, APPARIREBBE PROBABILMENTE STONATO SE GIRASSE PER LE SALE NELL'ATTUALE TEMPERIE ALL'INSEGNA DELLE STRAGI IN TERRA ISRAELIANA E, ANCOR PIÙ, A GAZA, MA RESTA IL SUO MESSAGGIO PACIFISTA PER UN POPOLO DA DECENNI SCHIZOFRENICAMENTE SOSPESO TRA LA GUERRA E UNA NORMALITÀ SIMILE ALLA NOSTRA, CHE IN FONDO RESTA IL DESIDERIO DELLA MAGGIORANZA OVUNQUE
Ido Tako, 22 anni |
Shlomi ritorna a Tel Aviv, mentre scopre che si presume per lui la sorte di Shalit, soldato catturato da Hamas e liberato dopo lunga e onerosa trattativa dagli israeliani, e qui il gioco si fa davvero serio. Non ubbidisce all’invito della madre a, per così dire, costituirsi, e si infila invece in un garbuglio sconclusionato di disavventure: fughe, clandestini rientri nella casa, incontri frustranti con la fidanzata in partenza per il Canada. Niente che fili diritto. Più si agita, per scappare e nascondersi, più la sopravvivenza stessa per lui si complica.
Alla conferenza stampa a Locarno 77, dove il film è stato presentato in prima, i critici hanno visto nel protagonista, recitato dall’altrettanto giovane e bravissimo attore Ido Tako, un novello Buster Keaton. I guai in cui si ficca Shlomi sono infatti variegati, imprevedibili e crescenti. Ad un passo dal surreale e perfino dal ridicolo. per quanto Rosenberg, in quella stessa circostanza, abbia enfatizzato invece lo spunto autobiografico della storia. “Soprattutto nella mia testa”.
“Quando ero soldato -ha raccontato- mentre ero di guardia mi sono detto: adesso scappo. E ho cominciato a correre, a camminare nel deserto fino a che non vedevo più nulla e le ultime luci erano solo quelle dell’accampamento. Allora sono tornato”.
Come dire? Magari è un po’ Saltarellò, il nostro Shlomi, ma non così incredibile nel brodo schizofrenico di un paese così sospeso, e certo anche stufo della situazione, tra dramma, morte e... Tel Aviv. Shlomi-Ido in fondo non fa altro che correre e correre per scappare dalla guerra e, da buon giovinastro, ritrovare nella sua città cibo, libertà, sesso e amore. La guerra però non smette di inseguirlo in altre forme.
Nella sostanza un film pacifista. Destinato di sicuro a scarsa fortuna per un po'.
domenica 1 ottobre 2023
MEMORABILIS, UNA MOSTRA ALLESTITA A BAGNACAVALLO NEI GIORNI DELLA FESTA DI SAN MICHELE, FRUTTO DI UN'IDEA SEMPLICE E GENIALE DI CARMINE DE SANTO, È UNA COLLETTIVA CHE TRASFORMA IN ARTE I DANNI DELL'ALLUVIONE DEL MAGGIO 2023. ARTE DEFINITA INCONSAPEVOLE DAGLI AUTORI, MA TANTO SENSATA DA SUGGERIRE AL VISITATORE MEMORIA SORPRESA, SORRISO E PERFINO INCREDULITÀ
Non esiste arte inconsapevole, questo va premesso. Quando lo sguardo umano si posa su qualcosa, un pitale o un ramo, e ci vede altro, ecco che entriamo nel regno del troppo umano e quindi della creazione artistica. E questo è il caso degli oggetti e delle composizioni di Memorabilis, mostra che insieme ad altre suggestive proposte, non ultima quella delle 140 e più xilografie dei campioni dell’Ukiyo – e giapponese, in primis Hokusai e Shirohige, ha arricchito la festa di San Michele di quest’anno a Bagnacavallo. Etichettata come inconsapevole in realtà di inconsapevole ha solo il fango.
La mostra è figlia infatti di una semplice eppure sorprendente idea nata nella testa di Carmine De Santo, a cui l'alluvione del maggio 2023 accanto alla rabbia per gli elettrodomestici e gli strumenti musicali irrimediabilmente perduti nel disastro romagnolo responsabile di miliardi di danni nel triangolo tra Faenza, Ravenna e Cesena, ha teso sul palmo della mano un semplice spunto. Che tale poteva restare. Invece si è trasformato in arte.
Un’arte, povera, poverissima, nella quale oggetti che il fango ha fatto suoi, ha sposato, trasformato in altro, ha compromesso, come l’orologio del manifesto della mostra o il set fotografico, anch’esso roba di Carmine, sono diventati materiale per una collettiva. Perché alle opere di Carmine si sono aggiunte quelle di altri. Insieme, allineate lungo un corridoi della Chiesa di San Francesco, sono diventate una specie di via crucis ispiratrice di memoria, ma anche sorpresa e pure sorriso e ammirazione.
Con in più, nella saletta finale, qualcosa che ogni mostra dovrebbe avere, e spesso non ha, e invece Memorabilis sì, a conferma della sapienza che la ispira: un climax. Anch’esso in parte fornito dal caso, ma un caso sfruttato in modo lucido e, al tempo stesso, visionario. Si tratta infatti dell’insegna in legno su cui si legge, nonostante il lavoro dell’acqua marina, Burson, il vino di Bagnacavallo. La corrente di quei giorni memorabili se l’era portata via fino alla foce del Lamone affidandola all’Adriatico.
Il quale, come le reliquie di certe leggende cristiane o le ninfe dei miti degli antichi, l'ha condotta sulle coste leccesi, per l’esattezza del Comune di Trepuzzi, mille km a sud. Qui recuperata, è ritornata, per moto delle autorità di quel comune, a Bagnacavallo. In un gesto di amicizia tra i due estremi della penisola che però, anch'esso, esprime qualcosa dell’arte: l’incredibile.
martedì 12 settembre 2023
UN SI FEST 2023 A SAVIGNANO SUL RUBICONE POCO EFFERVESCENTE, MOLTO DI NICCHIA E INSPIEGABILMENTE COSTOSO PER IL VISITATORE SE SI CONSIDERA IN PARTICOLARE IL COSPICUO AMMONTARE DI SOLDI PUBBLICI GIRATI, COME ANCHE IN PASSATO, ALL'ASSOCIAZIONE SAVIGNANO IMMAGINE PER ORGANIZZARLO
L’apice della delusione al SI Fest 2023, festival della fotografia svoltosi a Savignano sul Rubicone tra l’8 e il 10 settembre con prolungamenti nei due week end prossimi, lo si è raggiunto nel cortile della scuola Dante Alighieri, in via Perticari, sabato alle 21. C’era il SI Fest Live con lo schermo, il dj e la piattaforma per performance musicali, ma era deserto dopo aver ospitato la sera prima musica molto di nicchia. Apprezzabile giusto dalla nicchia.
Ma non è un’eccezione questo SI Fest con la Savignano serale senza folla. Organizzato da Alex Majoli e da Savignano Immagini, cose interessanti ne ha esibite eccome: basti Rimini Revisited – Oltre il Mare, scatti inediti di Marco Pesaresi deliziosamente illustrati sabato alle 19.30 dal fotografo e organizzatore Mario Betrambini. Interpreta però perfettamente un certo vizio dei festival del circondario: la pretesa di scimmiottare i grandi appuntamenti nazionali, pur Savignano o Santarcangelo non essendo Roma. Il format deve essere diverso.
Un suggerimento, prima di elaborarne uno nuovo, di valore propedeutico. Il SI Fest di quest’anno ha ricevuto 100 mila euro dal Comune e 30 mila dalla Regione. Nel 2020 addirittura si arriva a 150 mila. Questi festival vivono di soldi pubblici. Ecco, sarebbe una buona cosa che Savignano Immagini, a cui dal 2015 è affidata l’organizzazione, li elencasse tutti nel suo sito. Per trasparenza? Soprattutto come salutare "memo" a se stessa riguardo al legame che vincola il suo operato con le tasche di Pantalone. Gradita anche la rendicontazione finale. Nessuno la fa. Gli incassi, per esempio.
Al quale riguardo un’aggiunta: con la montagna di soldi che ha ricevuto, Savignano Immagini Aps in nome di quale necessità estrema impone ai visitatori un pass di 15 euro? I giovani di Kinetoscopio, organizzatori del Nòt Film Festival a Santarcangelo di Romagna, dopo l’assurdità in passato di otto euro per un corto hanno capito e quest’anno hanno azzerato ogni gabella. Majoli e gli altri imparino da loro.
mercoledì 23 agosto 2023
LA BELLA ESTATE DI LAURA LUCHETTI E ROSSOSPERANZA DI ANNARITA ZAMBRANO DAL FESTIVAL DEL CINEMA DI LOCARNO ALLE SALE DOMANI 24 AGOSTO. DUE STORIE CON GIOVANI PROTAGONISTI, MA DIVERSE PER TEMATICHE, TECNICHE E INTERPRETAZIONI. POCO APPREZZATE SULLE RIVE DEL LAGO DA CRITICA E PUBBLICO, NELLA SFIDA COL BOTTEGHINO NOSTRANO NON SI POSSONO ESCLUDERE SUCCESSO E SORPRESE.
Domani 24 agosto escono nelle sale italiane due film lanciati in occasione del settantaseiesimo Festival del cinema di Locarno (2-12 agosto) che più diversi non potrebbero essere. Li accomuna solo il non aver ottenuto alcun premio e la tematica giovanile. Giovani sono i protagonisti di La Bella estate di Laura Luchetti tratto dal romanzo di Cesare Pavese. Come il libro è ambientato negli anni Trenta e ha al centro la maturazione, anche sessuale, di Ginia (Yile Yara Vianello). Con però una importante curvatura in chiave gender. E coetaneo è il microcosmo di ragazzi e ragazze romani/e generazione anni ’90 di Rossosperanza di Annarita Zambrano.
Il primo però è la classica storia di formazione, nella quale il fascismo, nell’evolversi attualizzato del groviglio sentimentale, lo intravedi appena. Anzi viene brillantemente eluso (il romanzo stesso del resto è non meno a-temporalizzato). Il film di Zambrano invece è una storia spezzata anche nella continuità storica da un irrimediabile conflitto generazionale, esprimentesi nell'ipocrisia adulta e nel nichilismo giovanile. Come conseguenza di questo baratro, se il rosso della prima metà del titolo non ti fa pensare certo al progresso, la speranza della seconda metà, checché dica la regista, non la vedi.
La Bella estate affonda nei dubbi e nello sgomitare di anime e corpi di un’età della vita da Luchetti, e da Pavese, prediletta, e se mai può suggerire qualche perplessità proprio per il lindore al limite dell’improbabile della storia d’amore centrale. Al contrario in Rossosperanza c’è la pretesa, attraverso la rappresentazione della incomunicabilità o addirittura dell’odio tra la classe dirigente del decennio di Tangentopoli e i rispettivi rampolli, di parlare dell’Italia di ieri e di oggi.
Sì, ecco un’altra somiglianza c'è: strizzano l’occhio entrambi all'attualità. Entrambi con una certa forzatura, forse a Locarno non apprezzata. Al pubblico l’ardua sentenza, per esempio, se Zambrano sia riuscita o meno attraverso gli adulti e i ragazzi dell’alta borghesia romana a inscenare, come da lei sostenuto in conferenza stampa, “una fase di crollo di un sistema” e quindi di aver creato un film politico. E quanto alle due ragazze che in pieno machismo fascista manifestano in pubblico la propria reciproca elezione, beh, mettiamola così: un bell’azzardo e un felice auspicio.
domenica 9 luglio 2023
BAGNO CULT, BAGNO DI TENDENZA, BAGNO PREMIATO NEL 2019 DAL RESTO DEL CARLINO, UNA VISITA AL FANTINI CLUB A CERVIA È ANCHE UNA VETRINA DEL MODO IN CUI SI VIVE LA SPIAGGIA OGGI IN ROMAGNA: RACCHETTONE ADDIO, VIVA IL PADDLE E POI L'IMMANCABILE GREEN TANTO NEL CIBO QUANTO NEGLI SPAZI CON I QUALI, TRA TANTO CEMENTO E STRUTTURE ARTIFICIALI CHE DAL LUNGOMARE TI CHIUDONO PERFINO LA VISTA DEL MARE, BAGNINI ECO UN PO' PREOCCUPATI TUTTI PER IL FUTURO INCERTO DEL LORO LUCROSO BUSINESS A CAUSA DELLA BOLKESTEIN E DEL GOVERNO MELONI CHE NON SI DECIDE SU COME APPLICARLA, CERCANO DI REGALARTI UN PO' DI NATURA. ARTIFICIALE NATURALMENTE...
Il Fantini Club è una piovra balneare che ha inglobato altri due bagni minori a sud e a nord, e oggi si affaccia sul mare e sul lungomare Maria Grazia Deledda a Cervia per diverse decine di metri conquistandosi pure il primo posto tra i lettori del Resto del Carlino nel 2019. E al giornalista che lo perlustra cercando la notizia, una notizia gliela offre. Siamo nella culla, per l’esattezza Cesenatico, del beach tennis col il suo bel World Championship anche quest’anno a maggio, naturalmente a Cesenatico, ma la pallina gialla che impazza a fil di rete non la senti e non la vedi per niente in questo villaggio per bagnanti di quattro ettari con campi e spazi d’ogni genere per fare sport.
Il Fantini Club ci segnala con l’autorevolezza del bagno ultimo modello, del bagno dove hai tutto, dalla suite sotto il sole alla mensa, dalla piadina della azdora al cibo rigorosamente bio, healthy e green, che il vecchio racchettone non sta più sulla cresta dell’onda in Romagna. È stato sostituito dal paddle tennis, questo tennis blu inscatolato nel vetro che, direbbe Diodato, non fa rumore.
Alternativa al paddle se mai è il foot volley, che oggi 9 luglio al Fantini avrà la sua Foot Volley Cup. Resiste il basket a tre, il cui torneo invece sarà il 22-23 luglio, ma a sgomitare c’è pure il take volley giocato sul tavolo da ping pong col pallone e il corpo, mani escluse, come mi spiega al telefono Miriam, una delle responsabili della comunicazione del Fantini, che chiamare bagno non rende perché somiglia di più ad un mutevole contest dell’umano anelito al godimento sulla spiaggia.
Al mio arrivo, in realtà, vengo indirizzato dallo staff con la rigorosa maglietta Fclub a Federica, abito rosso e moglie di Claudio Fantini, il capo, figlio di bagnini, la quale però, nonostante non sia week end, siamo solo a metà mattina e poca gente, come di norma nei feriali, stia sotto gli ombrelloni, non ne ha per nessuno a parte i collaboratori. Pare per via di un matrimonio. Perché al Fantini se vuoi ti sposi pure.
La ritrovo, nel mio girovagare e dopo un caffè non superbo, alla Limonaia, uno spazio inaugurato un paio di settimane fa, un rettangolo ombroso di alberi, stuoie e, certo, anche qualche limone in grossi vasi di coccio, ma non di più dal momento che, pur con una stagione balneare allungata ormai da marzo a tutto ottobre, siamo pur sempre in Romagna, non in Liguria, e se l’ulivo prende benino, per gli agrumi la vita resta dura nonostante il climate change. Peraltro se fossimo in Liguria una settimana al Fantini, ombrellone e due lettini, non sarebbe a 200 euro circa, ma minimo una cinquantina di più e belli schiacciati. Comunque anche qui Federica mi sfugge. Quanto al marito... neanche parlarne.
Mi consola Cinzia, la piadinara, accento cervese tra tanti addetti stranieri, che mi consiglia il pezzo forte del suo menu e cioè la piadina classica, farina, strutto, acqua, sale e un po’ di latte, con prosciutto crudo, squacquerone e rucola. Alla cervese, che è diversa dalla riminese, che è “più sottile”.
Ed emigro, quasi senza accorgermene nel continuum di bagni, verso nord da Marco, La Conchiglia, che definire concorrente di Fantini sarebbe improprio se non altro perché Marco, bagnino d’estate assicuratore d’inverno, mi guida ad un ritaglio di stampa con le foto di Marco e Claudio come esempio, a suo tempo, di bagnini emergenti. Con la differenza, perché da buon romagnolo Marco mi racconta il romanzo della sua vita, che il suo, all’opposto di quello di Claudio, trent’anni fa era un bagno improponibile. Quando invece oggi fattura fino a uno, mi mima col pollice e il giusto orgoglio. Grazie ai suoi 180 ombrelloni (l'amico ne ha 600) e fino ai 30 mila coperti tra pranzo e cena. E pure può sfoggiare il suo bel green: pannelli solari e fotovoltaici a gogo. Oltre alla peculiarità di essere l'unico a Cervia che dal lungomare ti fa scorgere il mare sullo sfondo. Ah, che piacere i bagnini che chiacchierano come una volta!
martedì 27 giugno 2023
MENTRE CESENA SI LECCA LE FERITE CAUSATE DALL'ALLUVIONE DEL SAVIO DEL 16-17 MAGGIO I PAESI A MONTE PROGETTANO INSEDIAMENTI PRODUTTIVI IN FASCIA DI RISPETTO DEL FIUME. SOGLIANO AL RUBICONE, ATTRAVERSO LA SUA SOCIETÀ DEL BUSINESS DEI RIFIUTI SOGLIANO AMBIENTE TRASPORTI, VUOLE COSTRUIRE, CON IL BENEPLACITO DI TUTTE LE AUTORITÀ REGIONALI DI SUPERVISIONE, COMPRESO IL SERVIZIO TERRITORIALE E PROTEZIONE CIVILE DI FORLì-CESENA, FINO A 11300 MQ DI SERVIZI, COMMERCIO E ALTRO NELLA SUA FRAZIONE E45 DI BIVIO MONTEGELLI IN AREA ESONDABILE. E LA CEMENTIFICAZIONE DELL'ALVEO CONTINUA... A NORMA DI LEGGE E COME SI FA DA DECENNI
Siamo a 26 km da Cesena, nel Comune di Sogliano al Rubicone (3150 abitanti) il quale, se nella sua estremità più meridionale, Valleuso, del proprio territorio di 93 kmq proprio in queste settimane sta cercando di ottenere, e otterrà, l’autorizzazione per avviare la quarta discarica che, dopo l'asportazione in prossimità del fiume di 1,5 milioni di mc, accoglierà rifiuti speciali per trent’anni, in quella settentrionale, Valle del Savio, Bivio Montegelli, vuole invece un propria zona produttiva. Un’altra, ma sarebbe la terza nelle intenzioni storiche dei suoi amministratori...
Valle del Savio significa E45, e Bivio Montegelli è da sempre l’unica frazione soglianese ritenuta in posizione strategica quanto a demografia ed economia. Qui, appunto, a partire dal 2001 sono stati destinati presso il fiume a commercio, servizi e fabbriche 44 mila mq. E qui il 17/12/2019 il Consiglio Comunale di Sogliano al Rubicone ha votato a favore della realizzazione di un cosiddetto Piano Urbanistico Attuativo con una potenzialità edificatoria complessiva di 11300 mq, di cui 9760 dovrebbero essere rappresentati da un complesso di edifici allineati per circa 115 m tra la statale e la E45 e il fiume. Sul resto non si sa. L’operazione aggrega infatti proprietari poco concordi, ma torniamo al Savio, che è lì, oltre la boscaglia, lo si raggiunge lungo una strada sterrata che lo costeggia in obliquo per circa 50 m...
E riguardo al quale i documenti sono chiarissimi: siamo in area fluviale e il Piano stralcio dell’assetto idrogeologico colora di blu e azzurro tre quarti del territorio oggetto dell’operazione in quanto passibile di esondazioni trentennali o bicentenarie, per quel che ancora certe scansioni temporali possano significare dopo i 600 millimetri di pioggia caduti in venti giorni in alcune parti alte della Romagna. E tuttavia i progettisti non solo rassicurano con precisi calcoli, evidentemente probanti e convincenti, che sotto l’aspetto idraulico l’intervento “è caratterizzato da adeguati margini di sicurezza”. Ma anche, a proposito del consumo di suolo indicato tra le corresponsabilità del disastro del maggio 2023, aggiungono che “non sottrae apprezzabili volumi alla laminazione non interferendo negativamente con la sicurezza idraulica dell’intorno”.
E anzi il principale autore del piano, l’ingegnere Leopoldo Raffoni, aggiunge perentorio che il 16-17 maggio “lì non c’è andata neanche una goccia d’acqua: un fatto così devastante non ha toccato l’area”. Quindi “dire che il progetto non è compatibile col Savio è dire una eresia”. Inutile invece contattare il responsabile soglianese dell’operazione, l’assessore all’ambiente e alle attività economiche, Marco Brigliadori, perché rifiuta ogni chiarimento a parte la certezza che il piano partirà.
Impensabile il contrario: Sogliano al Rubicone sta perseguendo l’obbiettivo con metodo da quasi un quindicennio. La parte dei terreni privati, oltre alla frazione di proprietà di Zanetti (ottica) ed un’altra demaniale, appartiene, a seguito di oculati acquisti, a Sogliano Ambiente Trasporti srl, controllata all’83% da Sogliano Ambiente spa, che a sua volta è all’80% del Comune di Sogliano al Rubicone. Amministratore unico è Giovanni Giannini, dominus della società madre. Il progetto stesso è stato attivato per iniziativa di Sogliano Ambiente Trasporti, per quanto il fatto possa sorprendere dal momento che questa società avrebbe come oggetto d’impresa il trasporto di merci e in particolare di rifiuti, non costruire presso i fiumi. Quindi non si ha a che fare con un privato qualsiasi, ma con il Comune stesso di Sogliano al Rubicone, che piange per i pesanti danni delle precipitazioni del maggio, ma vuole l’area produttiva a Montegelli. (GIUSEPPE FABBRI)
giovedì 1 giugno 2023
HAULOUT DI EVGENIA ARBUGAEVA E MAXIM ARBUGAEVA ELOGIATISSIMO E PREMIATISSIMO DOCUFILM INGLESE DEL 2022 RACCONTA DI TRICHECHI INTRAPPOLATI DAL CAMBIAMENTO CLIMATICO CHE CANCELLA IL LORO HABITAT NATURALE E LI COSTRINGE AD UN SOVRAFFOLLAMENTO MICIDIALE. UNA METAFORA DELLA MINACCIA CHE INCOMBE SU DI NOI?
Siamo ad uno dei confini del mondo: l’artico russo. Dove va in scena la sofferenza dei viventi, animali e uomini, per la tragedia del clima che cambia e che il docufilm di Evgenia Arbugaeva e Maxim Arbugaev, Haulout (Regno Unito 2022, 25’) premiato come miglior docufilm al 95th Academy Awards (marzo 2023) ci esibisce in una sorta di post o pre apocalisse a voi la scelta. C’è lo stesso senso di desolazione e deserto di certe visioni distopiche alla Cormac Mc Carthy. In questa estremità della terra nella quale la natura dovrebbe imperare per l’assenza dell’uomo e invece regredisce o addirittura soccombe per colpa dell’uomo un ricercatore solitario assorto e frugale come un monaco è ripreso mentre studia col distacco dello scienziato, ma diremmo anche con la pena dello spettatore, la tragedia di migliaia e migliaia di trichechi intrappolati sulla terraferma a cui sono approdati esausti a causa dell’assenza del ghiaccio per ripartire e in grande quantità muoiono...
Benvenuti sulla scena di uno dei prodromi della grande estinzione dell’antropocene. I trichechi s’ammassano sulla terraferma per crogiolarsi, da cui il titolo Haulout, magari al sole, trasformando però in iperpopolamento quello che per loro dovrebbe essere solo un passaggio, forse quel tanto per procreare e allevare i cuccioli prima che s’immergano nelle gelide acque in direzione della propria autonoma esistenza. Invece l’haulout si traduce in un ammasso di corpi che non partono più e quindi molesti e nocivi l’uno l’altro e irritati come a volte gli umani nella ressa che rifiutano. Nel carnaio le loro stesse buffe e ingombranti zanne diventano micidiali.
E pur con tutta la crudezza e l’animalità del reale è difficile non pensare che assistiamo ad una metafora, perché in Haulout ci sono tutti gli ingredienti delle minacce alla umana sopravvivenza in atto e incombenti per via dei cambiamenti del clima combinati con popolamento estremo, carenza di risorse vitali come l’acqua, conflitti per il loro accaparramento e lotta sordida per la vita in una sorta di selezione poco naturale e molto antropologica in quanto a tutto vantaggio del più ricco o del più geograficamente fortunato. Come nel film anche per noi terrestri i giovani scalpitano e alcuni partono altri no, alcuni approdano altri muoiono.
E l’uomo, Maxim Chakilev, che da anni studia il comportamento dei grossi mammiferi dal muso simpatico e le zanne surreali, nel suo vivere da cenobitica in quell’estremo di mondo guarda e constata impotente. In quello scampolo del circolo polare artico ha contato fino a 100 mila esemplari in sosta e tuttavia in numero sempre maggiore condannati a causa di un ambiente che non è più il loro. E a quelle morti non può fare altro che assistere, allontanando quanto più possibile la propria minimale esistenza di uomo dalla disperazione degli animali, che deborda, rompe i confini tra le due specie. Forse dilagando nella sua stessa fiducia nel futuro.
domenica 5 marzo 2023
ROMAGNA FECI E PETI... CHE PASSIONE!
Niente di riprovevole in sé, sia chiaro. La letteratura musicale, poetica e narrativa se ne serve e, per stare in Romagna, ricordo il componimento di Raffaello Baldini, di cui mi sfugge il titolo, ma, come il famoso testo di Gaber in cui immagina Nixon al gabinetto, prende spunto per quella naturale operazione per dire cose che vanno oltre, almeno così mi sembra di ricordare, l’evacuare puro e semplice. Che però come oggetto in sé, cioè se ad esso si ricorre in quanto tale per far ridere, ha l’unico merito, se così si può chiamare, di trascinare il pubblico in una ilarità di natura più che infantile: regressiva.
A cui pare addirittura incredibile come l’artista in questione possa affidarsi per ottenere applausi presso un pubblico adulto. Anche gli spettacoli della serie Gatòzli, organizzati e ottimamente diretti da Manuela Gori, indulgono spesso, in chiave dialettale, a questi scivoloni fecali.
Per entrare più nel merito del Ribaltati, un conto è l’esilarante scena dell’astronauta che esita a mettere il primo piede sul suolo lunare e quando finalmente lo fa pesta una cacca. Siamo nel comico e nel surreale. Un altro è però un bis rappresentato dai rumori dei peti come pura riproduzione virtuosistica della cacofonia ad essi associata. Un crollo.
giovedì 2 marzo 2023
A CESENA LA RACCOLTA DEI RIFIUTI NON CONVINCE ED È POCO CREDIBILE RIGUARDO AI RISULTATI. FORLÌ, COL PORTA A PORTA INTEGRALE E CON LA GESTIONE DI ALEA, SOCIETÀ PUBBLICA, ESPRIME DATI MIGLIORI RIGUARDO AL DIFFERENZIATO E ALLA QUANTITÀ DI INDIFFERENZIATO CHE VA ALL'INCENERITORE
-
Chissà perché il Comune di Cesena non segue l’esempio del Comune di Forlì e degli altri 12 del comprensorio forlivese che cinque anni fa decisero di affrancarsi da Hera. E, superando tanti ostacoli, fecero la scelta coraggiosa e vincente di costituire Alea, società cosiddetta in house. La quale, sulla base di quanto riportato dal tavolo delle Associazioni Ambientaliste di Forlì e a dispetto dei tanti tentativi di delegittimazione da parte anche di quelle forze politiche che dovrebbero invece sostenere la dimensione pubblica del servizio, non solo segnerebbe una media di 30 euro in meno a carico delle utenze, dei cittadini, rispetto a quelle dei territori gestiti da Hera. Ma anche avrebbe raggiunto l’obiettivo principale: quello della riduzione della produzione di rifiuti e in particolare di quelli da incenerire. Dai dati Ispra relativi al 2021, appare un netto divario rispetto alla quantità dei rifiuti cesenati: 672,71 kg pro capite rispetto ai 470,59 prodotti a Forlì, dei quali solo 76 a testa all’inceneritore.
-
Tale risultato è frutto del metodo di raccolta porta a porta integrale impostato rapidamente da Alea con l’eliminazione dei cassonetti stradali e raccogliendo casa per casa tutti i materiali riciclabili, fino ad ottenere l’ambito risultato dell’83% di differenziata. Un dato, proprio in conseguenza del maggior rigore nella differenziazione, più credibile dei 78,5% propagandati da Cesena.
Dove non si capisce perché il metodo utilizzato sia ancora rappresentato dal cosiddetto porta a porta misto (quello integrale riguarderebbe, secondo l'amministrazione comunale, poche migliaia di utenze periferiche) esteso a tutti i quartieri solo due anni fa. Come da tutti risaputo, non garantisce l’elevata qualità merceologica del materiale raccolto, in quanto la presenza dei cassonetti stradali induce a non differenziare in modo responsabile ed efficiente. Tali cassonetti peraltro fungono da attrattori di mini-discariche.
Tanto per rimanere nei luoghi limitrofi ci risulta che altri comuni come Cesenatico si stiano muovendo per aderire ad Alea, mentre altrove, per esempio nel faentino, il porta a porta integrale lo stanno allargando. D’altra parte stiamo parlando di cose ormai risapute. La lezione è partita più di 20 anni fa dal consorzio dei comuni Priula, secondo il modello Contarina riconosciuto tra i migliori in assoluto a livello nazionale e non solo. Quali sono i motivi per cui Cesena non vuole farlo proprio?
Tiziana Lugaresi e Giuseppe Fabbri
mercoledì 25 gennaio 2023
INVISIBILI DI PAOLO CASSINA PORTA ALL'ATTENZIONE COLORO CHE SONO STATI VITTIME DEGLI EFFETTI AVVERSI DI PFIZER E MODERNA, MA MISTIFICA SUL CONTESTO DI MORTI E DI DIFFICOLTÀ ENORMI CHE SEGNARONO IL PAESE PRIMA DELL'ARRIVO DEI VACCINI. I MORTI E LE TERAPIE INTENSIVE (OLTRE CHE IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE STESSO) AL COLLASSO PER CASSINA POSSONO TRANQUILLAMENTE ESSERE OMESSI E DIMENTICATI
Invisibili, docufilm di Paolo Cassina visto all’Aladdin, Cesena, ieri sera, 24 gennaio, non è un lavoro onesto. Le due sale, 300 e 400 posti ciascuna, scoppiavano, mai viste tante auto parcheggiate intorno alla multisala, perché evidentemente non solo il mondo no vax e no pass era interessato all’argomento, anche se gli applausi e gli interventi nel corso del dibattito successivo ne rivelavano una prevalente partecipazione. Il lungometraggio di Cassina, però, porta all’attenzione di tutti noi un problema inoppugnabile, non sufficientemente affrontato, quello di chi ha subito effetti nocivi da Pfizer e Moderna, ma inquadrandolo in modo monco e mistificante. Difficile sapere quanto vantaggio procurerà a questi Invisibili, la cui storia invece meriterebbe attenzione obbiettiva, non faziosa.
Perché è giusto e doveroso dare visibilità a coloro, che in modo grave, forse talvolta letale, altre volte meno, tra le decine, anzi le centinaia di milioni di dosi iniettate, stanno tra i sommersi di questa dolorosa storia, ma che c‘azzeccano, caro Cassina, gli stacchi tra una intervista e l’altra con stralci delle manifestazioni no vax e no pass?
Quelle manifestazioni si svolgevano mentre la stragrande maggioranza degli italiani e degli europei andava a farsi bucare con la consapevolezza che quello era l’unico modo per proteggersi dalla malattia e arrestarne la diffusione nella forma più grave.
Per Cassina gli ospedali che scoppiano, le bare nella bergamasca, i due lockdown, i 500 morti tra medici e infermieri, i quasi 200 mila decessi solo in Italia, per quanto riguarda il suo docufilm possono tranquillamente essere taciuti. Questo però non è corretto.
lunedì 23 gennaio 2023
FRIDA KAHLO PER IMMAGINI, CIOÉ FOTOGRAFIE DI GRANDI FOTOGRAFI DEL SUO TEMPO CHE L'AMARONO APPREZZARONO E AMMIRARONO, RACCONTA LA VITA DI UNA DI QUELLE DONNE DELLA PRIMA META' DEL '900 CHE SI DISTINSERO ED EMERSERO PER LIBERTÁ, BRAVURA E FORZA
Marco Lodola, Frida Kahlo |
Visitare una mostra di fotografie su Frida Kahlo, padre ebreo, comunista, tifosa massima della rivoluzione messicana di Pancho Villa, a Villa Mussolini, Riccione, fa il suo effetto. Senza andare troppo lontano nella dirimpettaia Albania la casa di Hoxha è diventata edificio pubblico, ma con netta presa di distanza dal dittatore e dal suo feroce quarantennio.
A Riccione invece tutto è ambiguo e/o falso: a cominciare dal nome stesso dell’edificio, visto che, come osserva lo storico Daniele Susini su Domani nell’aprile 2021, si chiamava Villa Margherita, era di donna Rachele, neanche citata nella bacheca illustrativa dell’edificio all’ingresso, e “il dittatore la frequentò, solo, qualche volta d’estate”.Diversamente dal contenitore, però, la mostra Frida Kahlo per immagini ha una sua onestà e la si visita col piacere d’aver appreso di più e in modo, per così dire, diretto, senza mediazioni, neppure dei suoi quadri, riguardo all'esistenza di una di quelle donne del primo novecento che emersero, sgomitarono, vissero, pur tra conflitti, tribolazioni e sofferenze inaudite, all’insegna di una libertà, sessuale in primis, che, oggi, quasi un secolo dopo, non può non sorprenderci e renderci ammirati. Anche la sua vita fu un'opera d'arte.
Ingresso Villa Mussolini |
C'è tutto. Frida era bellissima e tanti fotografi e fotografe la immortalarono. Vestita (abbigliamento messicaneggiante) e nuda. Amò e fu amata da donne e uomini, raggiunse successo e apprezzamento come pittrice, pur patendo per aborti spontanei e terapeutici e interventi chirurgici imposti da condizioni di salute gravissime, e restando tempestosamente legata al pittore Diego Rivera. Infine, allettata, presumiamo, desiderò a 47 anni in qualche modo la morte come una finale liberazione. Tutto, quasi, in bianco e nero. Fino a maggio 2023.
venerdì 20 gennaio 2023
PROSPETTIVE NEFASTE PER IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE IN UN INCONTRO ORGANIZZATO DA IDEE PER LA SINISTRA NELLA SEDE DELLA CGIL A FORLI SUL TEMA DEL WELFARE SOCIO-SANITARIO. SENZA UNA INVERSIONE DI ROTTA LA MEDICINA NOSTRANA É DESTINATA A PERDERE COMPLETAMENTE IL SUO CARATTERE UNIVERSALE E EGALITARIO ALLARGANDO LA FAGLIA TRA CHI PAGANDO AVRÁ DI PIÚ (O ANCHE SEMPLICEMENTE IL GIUSTO) E CHI DOVRÁ ACCONTENTARSI DEI LEP (LIVELLI ESSENZIALI DI PRESTAZIONE). L'AUTONOMIA DIFFERENZIATA RICHIESTA DA VENETO LOMBARDIA ED EMILIA ROMAGNA DARÁ, SECONDO VASCO ERRANI, EX-PRESIDENTE DELLA REGIONE OGGI GUIDATA DA BONACCINI, PROBABILE FUTURO SEGRETARIO DEL PD, IL COLPO DECISIVO A QUESTO PROCESSO
Francesco Taroni |
Tanto pessimismo nel pomeriggio organizzato da Idee per la sinistra il 19 gennaio sul tema del Welfare socio-sanitario finalizzato, come altri incontri prima e dopo, a scuotere Pd e satelliti affinché diventino “credibili” presso chi li potrebbe votare e/o non li vota più. Dopo le lodi a dottori e infermieri e le promesse durante il Covid-19 e il lockdown, la “svolta” non c’è stata. E il taglio di 37 miliardi al Servizio Sanitario Nazionale tra il 2010 e il 2019, la cancellazione di 300 ospedali, 80 mila posti letto, 50 mila unità di personale, nonché gli attuali stanziamenti inferiori del 25% rispetto alla media Ue, continuano a pesare sul futuro del “carattere universale ed egalitario” della medicina nostrana.
Il perché l’ha spiegato Francesco Taroni, docente di medicina sociale all’Alma mater di Bologna, in una sorta di lezione di storia sanitaria. Anche se, a dire il vero, Taroni non è intervenuto solo da storico dal momento che in premessa ha affermato che “una nuova pandemia, non si sa quando, ma è assolutamente certa”.
Dopo di che ha illustrato il processo subdolo attraverso cui il Servizio Sanitario Nazionale creato nel 1978 è approdato al baratro senza neanche ricorrere a controriforme o leggi ad hoc. É bastato convincerci che fosse impossibile rispondere con risorse pubbliche a crescenti richieste di cura e fosse indispensabile aprire le porte al capitale privato. Cosa fatta via via “con deleghe e riduzioni di coperture”.
Risultato: siamo a 40 miliardi di spesa privata per la salute, che corrispondono ad 1/3 della spesa complessiva del Servizio Sanitario Nazionale, e ben 14 milioni di cittadini è iscritto a fondi integrativi: in cinque anni sono raddoppiati. In pratica stiamo scappando dal Servizio Sanitario Nazionale. E non solo noi pazienti.
Carlo Lusenti, urologo ed ex-assessore regionale, ha riferito che gli ex-eroi in camice bianco (due milioni complessivi) oggi sono “logori e disorientati”. E se in passato vedevano nella sanità pubblica il luogo ideale della propria carriera, ora sfruttano tutte le finestre per uscirne: dal prepensionamento al privato. Dal 2016 al 2020, tanto per sottolineare quanto stanno bene, ammontano “a 12 mila le denunce di malattia professionale per violenza a carico di sanitari”. La cui fuga indolore è favorita da operazioni come la flat tax. Che, nella logica dello smantellamento senza clamori, lascia in tasca ad alcuni tanti soldi per “creare un esercito di riserva da accogliere nei sistemi assicurativi” a vantaggio delle strutture private.
“Fisco corporativo = welfare corporativo” Taroni aveva del resto già sentenziato prima di lui. Che a valle si traduce nel semplice risultato di un minimo di prestazioni per tutti, che però potrebbe essere, precisa Lusenti, “il pian terreno o il soffitto”. Più probabile il primo. Mentre in su va solo chi paga.
Premesso che noi siamo messi peggio del Regno Unito, perché il sistema sanitario di sua maestà soffre sì come noi per i medici di base, non però per i vuoti di personale negli ospedali, da noi causati da una totale assenza di dialogo tra SSN e Università e quindi di programmazione, non resta da chiedersi che fare. Risposta: un piano d'emergenza nei prossimi 2-4 anni per salvare il SSN. “Per fermare la deriva”. E poi un altro più a lungo termine che affronti tutte le tematiche: dalla rete ospedaliera alle cure primarie. Se no l’autonomia differenziata in probabile arrivo, ha sentenziato l'ex-presidente dell'Emilia Romagna, gli darà il "colpo decisivo".
giovedì 19 gennaio 2023
IL DOCUFILM IL POSTO SOSPESO DI MANUEL ZANI SU MONTETIFFI, VISTO AL VICTOR DI CESENA, CI INDUCE A RIFLETTERE SU LOCALITÀ APPENNINICHE CARICHE DI POESIA E DI UMANITÁ CHE LA PANDEMIA E LO SMART WORKING HANNO RIPORTATO, PER UN PO', ALL'ATTENZIONE, MA TRASCURA IL PROBLEMA DEL LORO FUTURO CHE NON PUÓ ESSERE AFFIDATO SOLO A SCELTE INDIVIDUALI. NECESSITA DI UN PROGETTO TERRITORIALE CONDIVISO E PARTECIPATO SE NO SONO SOLO FUGA, MORTE, MEMORIA FINE A SE STESSA E NOBILE RESILIENZA. SE NON CONFLITTI.
Manuel Zani, Il posto sospeso, 2021
|
Il docu-film Il posto sospeso di Manuel Zani, proposto dal Victor di San Vittore, Cesena, il 16 gennaio, ha il merito di portare al centro dell'attenzione, con sapienza cinematografica e fotografica, e autenticità dei protagonisti, un luogo periferico: Montetiffi, Valleuso, colline profonde della Romagna alle spalle di Santarcangelo di Romagna; quanto a noi, ci induce a due riflessioni e ad una indicazione per il futuro di queste località precipitate demograficamente.
La prima riflessione, come suggerito dal filmato e poi dal dibattito successivo, è che posti lontani dalle grandi e medie arterie di comunicazione possono diventare perfetti per chiunque intenda legare ad uno di essi la propria vita. Tanto in nome di un'esistenza diversamente umana, quanto per un'ispirazione quale che sia magari collegata in qualche modo al genius loci: riguardo a Montetiffi alla poesia, in quanto il borgo fu culla del poeta Venanzio Reali, alla libertà in quanto, come osserva il più giovane degli attori del lungometraggio, tutti locali ovviamente, “in mezz’ora da lì vai dove vuoi” (nel suo caso con l’Ape Piaggio), all'artigianato con le celebri teglie di Montetiffi realizzate con l'argilla dei dintorni. Altro ancora potrà arrivare o già c'è: largo alla fantasia.
Questo stesso individualismo esistenziale, però, non necessariamente produce aggregazione. Può al contrario favorire conflitti come, per esempio, nel non lontano centro di Monteleone, Roncofreddo, dove nobilissime e lecite istanze contrapposte hanno prodotto disgregazione e scontri all’interno di una comunità altrettante sparuta. Ed eccoci di conseguenza all’indicazione, che il film non suggerisce e invece dovrebbe.
Il destino di questi luoghi di grande valenza storica, fascino paesaggistico e umanità basic, oggi, sta solo nella possibilità di essere parte di un progetto territoriale più ampio: per meglio dire dentro la fucina di una identità nuova nutrita dalla partecipazione e dalla condivisione di comuni obbiettivi con realtà limitrofe. Obbiettivi di sviluppo sostenibile, naturalmente. Non certo solo dai contributi regionali per ristrutturare casa in collina o, peggio, dal momento che Montetiffi fa parte del Comune di Sogliano al Rubicone, dagli introiti di una discarica, quella di un altrettanto suggestiva località a pochi km di distanza devastata, come un po' tutta la valle dell'Uso, dagli affsri dei rifiuti.
sabato 7 gennaio 2023
PER IL FUTURO DEL FORO ANNONARIO DI CESENA SI RICHIEDE UNA SCELTA CORAGGIOSA, UNIVOCA, NON MEZZE MISURE, SOLUZIONI IBRIDE. SI GUARDI A BOLOGNA E ALL'ESEMPIO DEL QUATTROCENTESCO EDIFICIO EX MONTE DI PIETÁ IN VIA INDIPENDENZA
Ex Monte di Pietà, Bologna |
Il Foro Annonario di Cesena, in Piazza del Popolo, è ancora nella tempesta per la sua scarsa fortuna di pubblico a causa di un progetto sbagliato di più di dieci anni fa, ma, siccome indietro non si torna, meglio andare avanti ed un percorso da imitare potrebbe essere quello del quattrocentesco ex Monte di Pietà a Bologna, in via Indipendenza, attuale sede di un Conad Sapori e dintorni che venerdì 6 gennaio 2023 scoppiava di gente. Ovviamente, diversamente dal Foro cesenate, non gli hanno cambiato nella sostanza la fisionomia interna. Inoltre il soffitto a lucernario (era un chiostro l'attuale spazio sfruttato) lo avvicina ad altre soluzioni di successo simili con quel tanto di atmosfera gradevole e calore che questo genere di modifica consente. La luce in un edificio è importante quanto lo sguardo in un individuo e da questo punto di vista il Foro annonario è stato accecato, ma non è impossibile rimediare in qualche modo a questo difetto che non è un dettaglio. Soprattutto però urge una scelta radicale. Mettendo da parte ipocrisie e mezze misure si consenta a Conad di sparare tutta la potenza di fuoco della sua offerta costituita dal mix di ristorante e market di qualità sul modello di Eataly. Come, appunto, a Bologna. Magari salvando quel pochissimo che finora non è fallito. La soluzione ibrida, un po' di tutto, market, esercizi autonomi, uffici comunali, sperando in chissà quali miracolose sinergie, che ancora mi pare si sta auspicando, condanna questo luogo alla attuale sopravvivenza asfittica. |