Invisibili, docufilm di Paolo Cassina visto all’Aladdin, Cesena, ieri sera, 24 gennaio, non è un lavoro onesto. Le due sale, 300 e 400 posti ciascuna, scoppiavano, mai viste tante auto parcheggiate intorno alla multisala, perché evidentemente non solo il mondo no vax e no pass era interessato all’argomento, anche se gli applausi e gli interventi nel corso del dibattito successivo ne rivelavano una prevalente partecipazione. Il lungometraggio di Cassina, però, porta all’attenzione di tutti noi un problema inoppugnabile, non sufficientemente affrontato, quello di chi ha subito effetti nocivi da Pfizer e Moderna, ma inquadrandolo in modo monco e mistificante. Difficile sapere quanto vantaggio procurerà a questi Invisibili, la cui storia invece meriterebbe attenzione obbiettiva, non faziosa.
Perché è giusto e doveroso dare visibilità a coloro, che in modo grave, forse talvolta letale, altre volte meno, tra le decine, anzi le centinaia di milioni di dosi iniettate, stanno tra i sommersi di questa dolorosa storia, ma che c‘azzeccano, caro Cassina, gli stacchi tra una intervista e l’altra con stralci delle manifestazioni no vax e no pass?
Quelle manifestazioni si svolgevano mentre la stragrande maggioranza degli italiani e degli europei andava a farsi bucare con la consapevolezza che quello era l’unico modo per proteggersi dalla malattia e arrestarne la diffusione nella forma più grave.
Per Cassina gli ospedali che scoppiano, le bare nella bergamasca, i due lockdown, i 500 morti tra medici e infermieri, i quasi 200 mila decessi solo in Italia, per quanto riguarda il suo docufilm possono tranquillamente essere taciuti. Questo però non è corretto.
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