venerdì 29 novembre 2019

PARTITA LA RASSEGNA CULTURALE DEL SEVEN SPORTING CLUB A SAVIGNANO SUL RUBICONE ORGANIZZATA DA CHRISTIAN BRIGLIADORI. A COLLOQUIO CON UN PROMOTORE CULTURALE ROMAGNOLO CHE AMA LA DISCUSSIONE. ANCHE SU TEMI SCOMODI E DIVISIVI

by Giuseppe Fabbri

Educazione all’aperto come antidoto migliore contro la scuola e contro le malattie lo stress e l’ansia, e poi pratica sportiva multidisciplinare, apprendimento a far da soli, desiderio legittimo di nascondersi (anche dai genitori) e ritorno alla pratica delle piccole responsabilizzazioni di una volta. Infine, sottolineatura della comune radice di emozione e movimento. Comincia con questi argomenti la serie di iniziative culturali del Seven Sporting Club intitolata Cammini e organizzata da Christian Brigliadori che del complesso sportivo savignanese è da circa tre anni direttore tecnico e coordinatore di tutte le attività. In cattedra venerdì 22 novembre nella sala Vendemini Roberto Farnè, che è, tra l’altro, professore ordinario di scienze per la qualità della vita e coordinatore del corso di laurea magistrale in Wellness cultures: sport, earth and tour a Bologna.
Diploma di geometra, educatore dei centri estivi, ex-odiatore (“nel profondo”) della scuola, il quarantunenne Brigliadori è un folgorato sulla via della cultura. “Organizzo da quattro anni rassegne culturali con persone da tutt’Italia”. Cultura a 360°. Sport compreso. Riguardo a cui nutre una visione quanto mai democratica. “Se ti iscrivi ad uno sport –osserva- ti dicono che il bambino è centrale, ma poi al 99% si dividono i bravi dai meno bravi. Immagina quindi i disabili. Quando invece la psicologia sportiva dice che più il gruppo è diversificato meglio è”. Anzi, come recita lo psicologo dello sport Mirko Mazzoli, “più il gruppo è eterogeneo più cresce il talento. Noi quindi siamo aperti ai disabili senza se e senza ma e se ho un down lo inerisco con gli altri punto”. Utopista, quindi, Brigliadori. Ama, però, i fatti: punta addirittura a certificare questa teoria imperniata su sport e inclusione, perché “vogliamo capire se quello che vediamo è scientificamente provato, perché se è così è come avere un bazooka in mano per cambiare le persone”.
È anche un miracolato, Brigliadori. Contestatore, diffamato, infine miracolosamente (“ancora la cosa mi stupisce”) approdato alla governance della struttura sportiva lustro di Savignano sul Rubicone (città dello sport nel 2012). “Cinque anni fa feci casino sullo sport mettendo il dito nella piaga sul sistema dell’assegnazione delle strutture e sui bandi relativi. E prima fui fermato da un carabiniere che, presomi da parte, mi rivelò di una presunta indagine su di me. Robacce indicibili che avrei fatto. Poi feci le mie indagini ben sostenuto da un ottimo avvocato, scoprendo che le maldicenze provenivano tutte da interessi molto concreti e, di conseguenza, procedendo con diffide a tappeto, facendo chiamare a testimoniare uno ad uno gli interessati e lasciando infine cadere la querela solo per pietà”, ma torniamo alla cultura, allo sport...



Brigliadori predilige “eventi (mix di testimonianze, musica, letture, filmati ed altro, NdR), che abbiano un impatto di contaminazione culturale”. Perché “bisogna ascoltare chi è diverso da te”. Obbiettivo: far riflettere, scattare domande. Al centro quindi personaggi contemporanei controversi. Il no vax Dario Miedico (“io sono un free vax e i miei figli sono vaccinati”). Vorrebbe a Savignano anche Mimmo Lucano, l’ex-sindaco di Riace che coi migranti ha risollevato un paese morto. E Marco Cappato, attivista radicale sul tema del fine-vita. Li tallona da tempo, pur respirando intorno a sé, sui due temi, mugugni vari.
Nel maggio 2017 ha portato in Romagna Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, per il cui evento ha intervistato a Palermo Nino Di Matteo, il giudice della trattativa Stato-Mafia. “I romagnoli dove sono?” è la frase con cui ricorda il giudice uscire dall’ufficio dopo una tregenda di controlli e contro-controlli prima di procedere all’intervista con la telecamera nella piazza della memoria della capitale palermitana sgomberata, bonificata, i carabinieri coi mitra puntati, il giudice che arriva con la scorta dopo un’ora. Esperienza pazzesca. D’altra parte, osserva, “per me la cultura è un modo per dare colore diverso alla propria esistenza e un modo per evolversi. Come opero? Aspetto, ascolto e, quando sento qualcosa, parto”. Aggiungasi anche che, laddove fiuta pregiudizi e censura, lì va. “Cerco di dare parola a tutti per arricchirmi e far parlare chi ha meno spazio”.
Aderisce alla teoria della pedagogia della lumaca di Gianfranco Zavalloni. “Rallentare non è perdere tempo e nell’iper-agonismo il bambino impara la furbizia non l’attenzione. Tant’è vero che da adolescenti abbandonano: alle prime difficoltà mollano. Cresciuti solo alla competizione poi non reggono”. 

Ma in particolare, del celebre volume di Zavalloni, invita a leggere “le prime pagine con i personaggi del nostro territorio che hanno fatto cultura secondo quella linea con sforzi sovrumani”; e a sentire le sue lamentele (anche nella serata di venerdì 22 tutta dedicata ai bambini e al divertimento) sulla fatica che la sua mission gli costa… si tratta senza dubbio di una schiera a cui si sente molto vicino.

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