domenica 10 novembre 2019

DAL COSTA RICA A RIMINI, DA BOLSONARO A ECOMONDO, DAL MINISTERO DELL’AMBIENTE ALL’ASSESSORATO DELLA CITTÁ ROMAGNOLA LA COERENZA NELLA BATTAGLIA CONTRO IL RISCALDAMENTO DELLA TERRA È UN OBBIETTIVO DA RAGGIUNGERE. MICA FACILE


Ventaglio della mobilità a Ecomondo

BY GIUSEPPE FABBRI
La contraddittorietà nella battaglia contro l’innalzamento della temperatura del pianeta è inevitabile, perché il tema del cambiamento climatico e dei relativi contrasti al medesimo comporta inevitabilmente eterogeneità di comportamenti a livello planetario in barba agli obbiettivi di riduzione di Parigi. Per dire, se il Costa Rica già nel 2021 prevede di produrre energia completamente con rinnovabili, il Messico vede ancora all’orizzonte costose e forse superflue colossali raffinerie statali di petrolio. Non c’è solo il leader brasiliano Bolsonaro a sostenere che quella della minaccia climatica è una fissa della sinistra. C’è anche una sinistra messicana che ancora affida allo sfruttamento del petrolio un ruolo centrale di riscatto sociale e progresso di quel paese.
Sappiamo del resto che uno dei fattori che ostacolano il raggiungimento dei target di Parigi, e di Kyoto, è la resistenza se non indisponibilità di colossi mondiali emersi ed emergenti a sacrificare obbiettivi di crescita in nome del clima. Russia docet: se le foreste siberiane bruciano è un dramma, ma lo scioglimento dei ghiacci dell’Artico promette di aprire una nuova e lucrosa via di trasporto marittimo. Gli interessi non convergono. Un’azione corale delle parti del mondo è una conquista non scontata.
Questa contraddittorietà inevitabile però strappa ironia più che preoccupazione quando lo zoom si allarga su di noi, noi italiani (e romagnoli) che, peraltro, le emissioni le stiamo riducendo davvero, e si focalizza sul nostro comportamento, sul nostro rimboccarci le maniche per il clima. E un interessante esempio, diciamo così, di incoerenza nostrana è andato in scena proprio ad Ecomondo 2019, l’annuale fiera riminese dell’ecosostenibile. Per l’esattezza niente meno che nel corso della sessione tematica intitolata Il green new deal per la mobilità: less, electric, green, shared – muoversi con leggerezza, che si è tenuta lì il 6 novembre. 
Green new deal & mobility costituiscono un binomio esplosivo: se li avvicini è tutto un fuoco d’artificio di cambiamenti possibili o in atto, studi, rivelazioni, tecnologie, modalità, sistemi e naturalmente speranze. A livello pratico però il quadro appare anche contraddittorio se non addirittura brutale nel rappresentare lo iato scomodo tra parole e realtà, dichiarazioni e fatti, possibilità reali e immaginarie, sinergie d’intenti e procedere in ordine sparso con grande profusione di parole. Ed Ecomondo in quella sessione ne ha fornito un esempio stridente.
Ad aprirla è stato niente meno che il ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare nella persona del capo della segreteria Tullio Berlenghi. Il quale, al posto dei soliti salamelecchi di circostanza, ha sorprendentemente esordito con una bella tirata d’orecchi all’organizzazione della fiera stessa e, a cascata, all’amministrazione riminese. Ragione del rimprovero? Lo scarso investimento, sperimentato di persona, sulla sostenibilità della fiera stessa. Come dire: parlate bene, ma non razzolate altrettanto.
Ha raccontato Berlenghi d’essersi sistemato in un hotel riminese, dopo essere approdato a Rimini canonicamente in treno; e con altrettanta coerenza ecologica d’essersi imposto di raggiungere la fiera in bici. Apprendendo però dalla reception che l'hotel ov'era alloggiato ne aveva solo due, già in utilizzo. E, d'altro canto, i noleggiatori riminesi (come del resto quelli di Cesenatico, provare per credere) a novembre sono chiusi. La stagione del mare è alle spalle. Testardo, Berlenghi sceglie l’autobus (presumiamo il 9, che parte dalla stazione), per trovarsi però dopo poche centinaia di metri bloccato in “una coda interminabile” di auto dirette alla fiera, auto prevalentemente guidate da una sola persona, auto figlie della cattiva pratica etichettata dai fautori della share mobility col neologismo di “autosolismo”. Impiegherà quasi un’ora e mezza per tagliare il traguardo, ma solo dopo aver chiesto all’autista di aprirgli le porte anticipatamente per consentirgli di percorrere l’ultimo km a piedi e non arrivare in ritardo. “Anche Ecomondo – è il monito-  deve pensare all’impatto che la manifestazione comporta”.
Risposta a stretto giro dell’assessora riminese all’ambiente Anna Montini: “non pretendiamo di essere perfetti, e tuttavia mi preme ricordare che il 23 novembre entrerà in esercizio la metromare Riccione –Rimini e stiamo riqualificando il lungo mare trasformandolo in parco urbano sommamente ciclabile così che tra un paio d’anni dal mare si potrà arrivare tranquillamente in bici in fiera”.

Cordiale risposta e piena di apprezzabili auspici. Eppure sconcertante per il suo eludere totalmente l’interrogativo del tecnico ministeriale: siete sicuri di fare abbastanza perché Ecomondo, the green technology expo, sia sostenibile? Siete sicuri di guardare, come dovreste, un po’ più in là del vostro naso? Oltre cioè il vostro immediato perimetro di interessi?

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