giovedì 31 ottobre 2019

AAA CERCASI ADULTI EMPATICI ED EDUCATORI COOPTANTI NON COERCIZZANTI PER ADOLESCENTI A RISCHIO GESTI ESTREMI. ANALISI DEL PROBLEMA SOLDI E IDEE SECONDO PAOLO UGOLINI DIRIGENTE SOCIOLOGO DELLA SALUTE AUSL ROMAGNA (seconda puntata)

by Giuseppe Fabbri e Tiziana Lugaresi

Tra le dipendenze presso gli adolescenti, oltre alle sostanze, ci sono le “azioni a rischio”. Le racconta la cronaca di questi giorni con giovani di tredici-sedicenni che si selfano sulle rotaie dell’alta velocità a Borgo Panigale e a Bologna. Di questi comportamenti estremi e apparentemente assurdi Matteo Lancini, psicologo, psicoterapeuta, presidente della Fondazione Minotauro e docente di Compiti evolutivi e clinici dell’adolescenza e del giovane adulto del Dipartimento di psicologia dell’Università Milano-Bicocca, svolge un’analisi su Sestante, Rivista scientifica di valutazione nella salute mentale, dipendenze patologiche e salute nelle carceri, che, diretta dal sociologo della salute Paolo Ugolini, è l’organo di fatto del Sistema Sanitario Regionale dell’Emilia-Romagna. Che, per contrastare questo genere di problematiche, ha promosso anche uno specifico Piano per l’adolescenza 2018-20. Unico esempio, dice lo studioso, nel panorama nazionale.

Osserva Lancini che forme antitetiche come il ritiro sociale e la sovraesposizione sono due reazioni allo stesso disagio. E cioè al senso di inadeguatezza, alla percezione di non farcela, di non vedere uno spazio di realizzazione di sé nel mondo: un mondo rappresentato da un universo real-virtuale, dove la propria esistenza è testimoniata dall’essere in rete, raccontando di sé ed anche dei propri privati pensieri ad un numero sempre più alto e fedele di altri individui, pronti a confermare il valore della tua persona a suon di like, spunte ed emoticon. L’io domina, l’Altro si dissolve, la ricerca della popolarità a tutti i costi s’impone. È, del resto, la società stessa di internet, del marketing e della cultura e sottocultura mediatiche che alimenta attese di successo personale.

Attese, però, destinate facilmente a crollare nell’impatto con una realtà rappresentata dal corpo toccato in sorte, dalla competizione spasmodica in ogni ambito, dal potere orientativo sempre più pervasivo dei coetanei (follower). “I giovani –sintetizza a sua volta Paolo Ugolini- oggi sono figli di un sistema costituito da prospettive ideali irraggiungibili, destinate ad innescare una potente fragilità generazionale”. Piuttosto che opporsi e/o ribellarsi questi giovani devono fare i conti con la percezione di non essere mai abbastanza accettati in termini di successo, bellezza… e di sentirsi e/o essere individui deludenti, pervasi da sentimenti di inadeguatezza e vergogna. Le sostanze stesse non servono a trasgredire. Se mai ad anestetizzare ed energizzare. Sono antidepressive, dopanti…

E poi c’è il supermarket della rete, che è un po’ il brodo di coltura del trend. La rete col gaming, gambling, challenge e altre dipendenze da essa mediate. La sua offerta è molto più ricca di quella della strada (o della ferrovia), la quale comunque è con l’on-line sempre interrelata, dipendente. Sono solo giochi, ovviamente, e l’adolescente ne è sostanzialmente consapevole, ma lo spirito con cui partecipa all’”offerta plurima” è mosso dall’onnivora ricerca di sensazioni tipica di un'età, nella quale impulsività e trasgressione giocano un ruolo forte. Si tratta di un ambito di studio non ancora pervenuto ad una definizione piena dei parametri, ma le evidenze parrebbero già rivelare che in questo brodo primordiale un adolescente su dieci sviluppa comportamenti compulsivi e disfunzionali dietro l’apparente normalità.

Necessiterebbero, questi giovani, di adulti autorevoli capaci di svolgere la propria funzione responsabilmente e “di farsi carico della società complessa che abbiamo” loro allestito, favorendo “le condizioni minime per consentire di realizzare un progetto futuro”. Insomma, genitori consapevoli e creativi, insegnanti competenti ed appassionati, in grado di offrire un’alternativa possibile per la realizzazione del sé adolescenziale. Adulti cooptanti, non coercizzanti, e “che non intendano perdere altri decenni a vietare l’ingresso in aula di smartphone o a scoprire se qualcuno ha copiato su wikipedia”. Dal momento che il convitato di pietra in questa battaglia non è internet, continuamente tirato in ballo come capro espiatorio. Bensì, sottolinea Lancini, il suo contrario: gli spazi vietati al gioco, la paranoicizzazione dell’altro, i cortili diventati solo passi carrai e i giardini off-limits perché frequentati prevalentemente da cani e rispettivi padroni. E famiglie certamente affettive, ma dai ruoli parentali deboli (figura paterna in primis). Che scolorano al cospetto di modelli identificativi alternativi alla famiglia e alla scuola stessi.

Secondo Ugolini, in una società così pesantemente infiltrata da attese consumistico-edonistiche, lavorare per incentivare la Comunitas appare assolutamente improcrastinabile. La Communitas nasce dalle persone e costituisce la dimensione di appartenenza ad un luogo, un territorio e si differenzia dalla Societas che corrisponde al sistema di servizi sempre più onnicomprensivi che le istituzioni ci forniscono e che vorremmo sempre più efficienti ed efficaci ma sono calati dall’alto. “Bisogna ricercare con azioni concrete -ammonisce- il senso di comunità che anche nel nostro territorio è andato perdendosi, nel quale cioè adulti anziani e giovani abbiano un ruolo per assicurare ai cittadini benessere, coesione, riconoscimento affettivo”.

“Non c’è casa, se non c’è Contrada” è, per esempio, un’iniziativa nata per opera di alcuni residenti della Contrada delle Trove, a Cesena, che ha riscosso un successo crescente. Ma non mancano altre minori iniziative disseminate sul territorio finalizzate ad aggregare gente attorno ad un quartiere, una scuola, un parco. Visto anche che sul versante istituzionale, quello del Sistema dei Servizi Socio-Sanitari, poco o nulla si fa per preservare e potenziare la dimensione comunitaria, per far crescere la partecipazione della popolazione coinvolta, renderla protagonista delle scelte. E non solo beneficiaria di prestazioni e servizi.

giovedì 24 ottobre 2019



SULLA SVOLTA VERDE DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA A CESENA: MINESTRA RISCALDATA O VERO CAMBIAMENTO?

di Tiziana Lugaresi


La svolta verde è il titolo della lodevole iniziativa indetta dalla Fondazione Benigno Zaccagnini, tenutosi a Cesena lunedi 21 ottobre alla Malatestiana con la partecipazione dell’assessore comunale al bilancio Camillo Acerbi, l’assessore alle politiche ambientali Francesca Lucchi e la consigliera regionale Lia Montalti. che da mesi gira per la regione col proprio Manifesto per l’Ambiente e l’Economia verde, annunciando un cambiamento epocale in materia ambientale. La Svolta verde per l’appunto, l’inizio di una nuova era, grazie all’impegno della nostra regione e dei suoi efficientissimi governanti. Per quanto riguarda Cesena, però, la quasi totale assenza di cittadini, la mancanza di interventi da parte dello scarso uditorio, non han fatto che confermare il reiterato silenzio della comunità cesenate sui temi ambientali, ed ancor la sfiducia della stessa nei confronti di un possibile cambiamento di direzione nelle politiche regionali. Ma quale svolta!
Come può essere che la stessa compagine politica al governo della regione in stretta continuità con le precedenti sia divenuta improvvisamente illuminata, sensibile e preparata in campo ambientale, dopo che per decenni ha fatto prevalere obiettivi di sviluppo e di crescita economica antitetici rispetto alle priorità del bene collettivo? Indifferenti alle ricadute che tale modello di globalizzazione liberistica produceva soprattutto sugli strati più deboli delle comunità, costoro hanno lasciato intercorrere decenni di latitanza per imprimere ora questa cosiddetta svolta. Alquanto dubbia, dal momento che  nel tempo ben poco si è fatto per difendere il suolo dall’espansione del cemento, dal dissesto idrogeologico, dalla contaminazione dei suoli, delle acque, dei mari, dalle trivellazioni indiscriminate, dalla mobilità incontrollata, dall’esasperazione dei trasporti su gomma, dalla crescita delle infrastrutture sempre più invasive e deturpanti, dall’estensione degli allevamenti intensivi, dai rischi connessi alla presenza di amianto e soprattutto dall’aumento delle disuguaglianze, sempre e comunque connesso al degrado ambientale. 
Cosa ancor più grave, dato che in questi 40 anni si moltiplicavano esempi di politiche più attente ai bisogni delle comunità ed alla tutela ambientale. Bastava guardare oltralpe. Tanto più che in tema di riforestazione, di boschi urbani e politiche del verde, alcuni paesi, cosiddetti in via di sviluppo già operavano senza tanti autoincensamenti, superando alla grande i nostri programmi fatti di pompose enunciazioni e poco altro.
Ed ora questo improvviso interesse ambientale, in concomitanza, guarda caso, con le giuste rivendicazioni giovanili e coi quei movimenti capaci (si spera sempre di più) di portare in piazza i nostri ragazzi in un novello ‘68 di stampo ecologista contro i potenti sfruttatori, dissipatori di risorse, ed anche guerrafondai al governo del nostro pianeta. Ma ben venga comunque una maggiore attenzione alla nostra emergenziale condizione climatica, sperando che non si tratti da parte del nostro ceto politico solo di un’opportunistica riverniciatura di verde delle ormai purtroppo consolidate prassi della peggior politica, e calando un velo pietoso sulle responsabilità storiche e planetarie di cui gli stessi rappresentanti istituzionali si sono macchiati e che si guardano bene dal riconoscere.
Dispiace solo che nell’incontro del 21 ottobre ancora una volta le autorevoli relatrici non abbiano fatto altro che dissertare sulla riconversione ecologica dell’economia, la riqualificazione delle città, l’efficientamento energetico e via discorrendo. In particolare l’assessore comunale Francesca Lucchi, senza toccare i temi più scomodi: il 5G, ad esempio, contro il quale la comunità scientifica continua a lanciare i suoi appelli insieme all’opposizione di molti sindaci. Nel nostro caso invece neanche un cenno. La gestione dei rifiuti, altro esempio, con la raccolta differenziata vergognosamente ancora non estesa a tutto il territorio, mentre è stato autorizzato un ulteriore ampliamento della discarica di Ginestreto, ormai una delle più grandi a livello nazionale. Perché non se ne è parlato?
Va tuttavia riconosciuto alla consigliera regionale Lia Montalti di essersi  riscattata, dopo la super-ottimistica illustrazione dei 10 punti del suo Manifesto, con un cenno breve al tema della salute e della sua connessione con l’inquinamento ambientale. Finalmente! Almeno lei l’ha chiaramente detto, (al contrario dei suoi colleghi di ogni appartenenza politica, che non si sono  mai espressi così chiaramente). Speriamo che sia l’inizio di una vera svolta: quella di voler partire dai problemi più veri ed urgenti delle persone.

CESENA. FUOCO INCROCIATO SULL'ASSESSORE CARLO VERONA DA PARTE DELLE MINORANZE IN COMMISSIONE CULTURA. RISPOSTE VAGHE SUL DESTINO DELLA BIBLIOTECA MALATESTIANA, MA SI SPERA AVRÁ UN DIRETTORE ENTRO MARZO 2020


di Giuseppe Fabbri

Ieri sera, 23 ottobre, alla terza commissione consigliare cesenate è andato in scena il fuoco incrociato sull’assessore alla cultura Carlo Verona, insediato da appena quattro mesi, ma ancora evidentemente lontano dal sciogliere i nodi del garbuglio che i suoi eredi Elena Baredi e Christian Castorri, assessori delle due giunte di Paolo Lucchi, 2009-2019, gli hanno ereditato. All’ordine del giorno c’era infatti il busillis peggiore: quello riguardante la Malatestiana. Sul cui stato le minoranze, da Cesenasiamonoi alla Lega, supportate da “espertI” come lo storico Claudio Riva e il presidente del Comitato scientifico della Malatestiana Andrea D’Altri, hanno espresso idee chiarissime. E per nulla lusinghiere per la vecchia amministrazione oltre che molto poco clementi col povero Verona, forse non ancora del tutto consapevole di quanto scotta la sua poltrona.

“Chiedo il ripristino delle funzioni che c’erano e che erano il vanto delle amministrazioni di sinistra e che io che sono democristiano ho sempre apprezzato contrastando ogni iniziativa finalizzata a toglierle” ha tuonato Riva, il critico più feroce sulla trasformazione della Malatestiana moderna secondo il modello di Antonella Agnoli, nonché sul passaggio della direzione della biblioteca al funzionariato comunale con contestuale eliminazione della figura del direttore con relativo appannaggio, budget e autonomia gestionale. Secondo la leader della Lega cesenate Antonella Celletti è stato operato un “omicidio premeditato nei confronti di un bene che non possiede nessun altro al mondo: è stato deprezzato e/o distrutto quanto realizzato fino ad oggi dalle amministrazioni di sinistra”. E Cesenasiamonoi per voce del consigliere comunale Vittorio Valletta ha chiesto "una linea di netta discontinuità rispetto a quanto fatto finora”.

Che D’Altri ha etichettato come “grande errore progettuale”. Figlio, cioè, di una ristrutturazione degli spazi dell’ex-liceo classico durata quasi un decennio e costata 8,5 milioni a cui è stato successivamente “giustapposta” una fisionomia bibliotecaria targata Antonella Agnoli. Ispirato ad un’idea della biblioteca come luogo aperto, democratico, polifunzionale, accessibile, inclusivo e attrattivo, il modello della biblioteconoma bolognese registra felici esempi in tutta Italia. Non però a Cesena con la Malatestiana. O meglio: non ancora. La Malatestiana oggi appare, ed è, secondo i critici e i rilievi sorti in commissione, non solo un’incompiuta. Anche un’incognita. Che l’Assessore Verona ha saputo solo in minima parte dissipare.

Riguardo alla cannibalizzazione molto avanzata del Centro cinema di via Aldini da parte della biblioteca il cui atto finale sarà l’apertura del terzo lotto nel 2020 che, è scritto chiaro, del Centro cinema costituirà la nuova sede, Verona è parso arrampicarsi sui vetri. “La mia idea –ha detto in parzialissima sintonia con quanto richiesto da autorevoli interpreti passati della politica culturale cesenate come Daniele Gualdi e Roberto Casalini- è capire se ci sono funzioni che possono tornare al S. Biagio”. E in merito alla Malatestiana e all’organizzazione dei suoi spazi, attualmente insufficienti per tutte le funzioni che la biblioteca vorrebbe esprimere, a parte la mediateca sottratta al Centro Cinema, è stato elusivo rivelando una pretesa “discontinuità” rispetto alla stagione di Paolo Lucchi in fatto di cultura. Senza però esprimere una concreta visione alternativa. “La Malatestiana è una struttura su cui c’è da lavorare molto: con il terzo lotto terminato avremo più spazi. Si tratta di capire come farli funzionare”. Eventualmente, ha aggiunto, forse azzardando un po' troppo, “variando le destinazioni”.

Mentre le idee nuove sono apparse ancora solo idee. “Farò approfondimenti” ha puntualizzato riguardo all’ipotesi di “rendere tutt’uno la biblioteca Comandini” coi suoi 15 mila volumi “e la Malatestiana”. E quanto al Magazzino di via Piave, in cui stanno 20 mila volumi coperti dalla polvere di almeno tre lustri, ha rassicurato che “è scomodo sì ma appropriato per la protezione dei libri” e che “stiamo comunque ragionando su due strutture che potrebbero essere di supporto”, tentando anche un timido contropiede aggiungendo che in ogni caso “non siamo la pecora nera: anche Ravenna ha i magazzini lontano. D’altra parte un magazzino sotto il terzo lotto della Malatestiana non è realizzabile: mi piacciono le belle idee, ma se costano 22 milioni no”.

Una timida reazione che però costa all’assessore gli strali di Antonella Celletti. Il deposito in via Piave –ha tuonato la consigliera- costa 175 mila euro l’anno e dieci anni fa assicuravate che sarebbe stato dismesso per mettere i libri nei sotterranei della Malatestiana. Evidentemente c’è stato un errore gravissimo di progettazione".


L’impegno è per una prossima commissione tra breve per sottoporre ai commissari la bozza del bando per il ricostituendo direttore della Malatestiana. Che, è stata l’unico dato certo fornito, a marzo 2020 si spera sarà insediato e operativo.