Ma un giro, previo appuntamento (340 806 2908) in via Depretis 130, al secondo piano del Sum (Stati Uniti del Mondo) in questo memorial di un artista così significativo per la musica pop e in specifico per il blues, non delude. Ci sono le sue chitarre, lo strumento, il suo, che acquistò in gran quantità, ciascuna particolarissima. Anche quelle con tacche visive per un Pino ormai alla fine e quasi ridotto alla cecità. Alcune furono rubate nel giorno del suo funerale
É stato poi ricostruita la sua sala di registrazione. Microfoni, amplificatori, lo sgabello stesso nella posizione preferita da Pino. In una stanza c'è l'Africa. Con il cui sound nella sua passione di sperimentatore, che lo avrebbe allontanato dalla napoletanità per attraversare nuove frontiere, Pino dialogò in modo particolarmente devoto.
Inoltre una accurata linea del tempo ci restituisce l'arco della sua carriera: costellata dai compagni di viaggio con cui esordì, collaborò e che sostenne come produttore. Cominciando da Tullio De Piscopo, passando per Pat Metheny e Paco de Lucia. E finendo con tanti altri da Jovanotti a Vasco Rossi a Pavarotti.
E naturalmente in cuffia, insieme a tanti filmati, parole e immagini, si può ascoltare la sua musica. In particolare quella nata, come lui stesso affermò, con la scoperta che "sposando il blues con la canzone napoletana potevo far uscire Io so' pazzo". E che "con la latina poteva suonare melodia e ritmo insieme".
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