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In seguito in seno alla giunta del sindaco Enzo Lattuca è maturata la posizione critica dell’assessore allo sviluppo economico Luca Ferrini, che alle elezioni del 25 settembre è stato candidato con il terzo polo di Calenda e Renzi, con la motivazione che si tratta di un “progetto divisivo” e che più auspicabile sarebbe un “distretto del cibo” allargato ad altri comuni e sviluppato in sinergia con altri enti territoriali. La consulta, però, a giugno 2022 ha ribadito di stare col bio. Presa di posizione confermata qualche giorno fa con anche l’invito formale all’amministrazione comunale ad affidare ad esperti di biodistretti l’incarico per uno studio di pre-fattibilità.
L’opzione a favore del distretto del biologico è sostenuta da passi legislativi a livello nazionale e regionale. Cioè dalla legge approvata dal governo Draghi del 9 marzo 2022, attualmente in attesa dei decreti attuativi, e dal progetto di legge regionale depositato dalla verde Silvia Zamboni in Emilia Romagna il 15 giugno 2021, adottato in seguito dalla maggioranza e in attesa del completamento dell’iter di quella nazionale per decollare coi relativi finanziamenti. Va peraltro rilevato che, come sottolineato da Silvia Zamboni stessa, in Romagna già esiste un primo distretto del biologico: quello della valle del Bidente e del Rabbi, battezzato “Romagna distretto biosimbiotico” e coinvolgente “49 aziende agricole e i comuni di Meldola, Civitella, Santa Sofia e Premilcuore”. Mentre in Emilia nel 2018-19 sono partiti i due “biodistretti” dell’Appennino bolognese e delle Valli del Panaro.
Il distretto del biologico è circoscritto territorialmente (nelle Marche addirittura si avanza l’ipotesi di una dimensione regionale) ma si tratta essenzialmente di un’area economica nella quale il non utilizzo di fertilizzanti chimici e fitofarmaci, insieme ad altri indicatori inerenti la sostenibilità ambientale e, naturalmente, la salute per quanto riguarda la prevenzione primaria, sta alla base della catena dei tre settori economici primario, secondario e terziario. Coinvolge quindi diversi rami produttivi, quello alimentare prima di tutto. Riguardo all’Emilia Romagna l’incentivazione del biologico rientrerebbe nel mandato 2020-25 che punta alla copertura del 45% della Sau (Superficie Agricola Utilizzata) regionale “con pratiche a basso input di cui oltre il 25 % a biologico”.
Le imprese bio in Italia sono in crescita costante e già nel 2019 viaggiavano verso le 80 mila. Nel primario sono in testa le regioni del Sud, nel secondario e terziario Lombardia ed Emilia-Romagna. Che con le sue oltre 5000 aziende agricole, zootecniche ecc. è la prima del settentrione.
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