martedì 15 novembre 2022

ASCOLI PICENO LA SI ABBRACCIA LETTERALMENTE IN DUE GIORNI DI VISITA. RACCOLTA NEL CERCHIO DELLE SUE MURA E DEI DUE FIUMI CHE LA CIRCONDANO QUASI INTERAMENTE SI PRESENTA COME A MISURA D'UOMO PER ANTONOMASIA

Palazzo Merli, Piazza S. Agostino

Il treno per raggiungere da Cesena Ascoli Piceno si consiglia nonostante le quattro ore di regionale veloce a causa di un’attesa di mezzora ad Ancora per il cambio. La cittadina marchigiana di appena 50 mila abitanti si presta infatti ad una visita a piedi essendo principalmente chiusa nel cerchio delle sue mura storiche, di cui poco è rimasto, delle relative porte e dei suoi due fiumi. Alla stazione è inoltre prossima la tappa del tour che collega culturalmente la città marchigiana alla Romagna. Si tratta del Forte Malatesta, una struttura eretta dal poco amato capitano di ventura Galeotto Malatesta e poi sottoposta a svariate trasformazioni ultime delle quali carcere e, oggi, sede di mostre. In particolare un piccolo museo con reperti della Ascoli alto-medievale: goti e longobardi. 

Certo, richiedendo la visita della città almeno due giorni, meglio depositare prima di tutto i bagagli in un B&B del centro storico (per esempio, Il Picchio, via Mercadante 45, gestito dalla simpatica Rosilla). Lo si raggiunge dalla stazione con la navetta gratuita. Da lì due passi e siete nel cuore pulsante della città rappresentato da Piazza dell’Arringo e Piazza del Popolo dove magari concedersi subito una sosta per un caffè all’anisetta nel locale del recente L’ombra del giorno di Giuseppe Piccioni con Scamarcio e Porcaroli nel cast.

Sulla bellezza del centro lasciamo alla vostra curiosità e al vostro impareggiabile estro di flaneur. Suggeriamo solo la vicina chiesa di Santa Maria della Carità (piazza Roma) benché possiate frugarla nelle sue volte e cappelle e nella sua quadreria solo dall’ingresso in quanto, forse come retaggio controriformistico, ci si prega e basta (“adorazione perpetua”, si dice), ma è un barocco mozzafiato.

Più avanti, lungo il decumano che in pratica corre dalla Stazione e dalla Porta Maggiore e taglia la città fino alla Porta Cecco d’Ascoli, direzione Roma, c’è, in Corso Mazzini, la Galleria d’arte Contemporanea Licini, dove al tempo della nostra visita era in corso una mostra di foto di un Carlo Verdone sorprendentemente turneriano (squarci d’infinito con cieli in subbuglio), pittori e scultori d’oggi naturalmente e pure una bella sezione di foto di attori di Emanuele Scorcelletti. Attenzione, riguardo alla sera ad Ascoli Piceno c’è una multisala nel quadrilatero del quartiere oltre Ponte nuovo, uno dei tre che scavalca il fiume Tronto, ma ce n’è un altro intramoenia, Nuovo Cineteatro Piceno, alle spalle della Pinacoteca in piazza del Popolo direzione Porta Torricella. Evidentemente l’immancabile ex-cinema parrocchiale evolutosi.

Non perdetevi un paio di camminate suggestive: una, magari notturna, che segue l’emiciclio murario che va dal Ponte nuovo a Piazza Cecco d’Ascoli, l’altro extramoenia l’indomani mattina con begli scorci di frammenti della città che parte da Porta Torricella a sud e, scavalcato il Castellano, affluente del Tronto, col quale circonda su tre lati la città, compie un cerchio fino a Forte Malatesta e alla zona stazione. Per una visione dall’alto e una maggior percezione del suo retaggio di città turrita, attraversate invece il ponte Augusteo a nord e salite fino alla statua del Cristo Redentore che di notte vigila luminoso sulla città. Che, peraltro, anche dopo il salotto serale non manca di una sua placida vitalità notturna.

Una visita ad Ascoli Piceno è importante anche per ricordarci che tutto sommato non siamo alla canna del gas. Dal terremoto del 2016 sulla città sono piovuti da fonti molteplici soldi e ancora soldi per mettere in sicurezza. Per gli interessati, magari architetti o geometri, la lettura dei cartelli di cantiere disseminati ovunque coi relativi ponteggi fa quasi da corso di aggiornamento, o almeno ripasso. 

Un simpatico signore ex-bancario, che tanti consigli e suggerimenti ci ha regalato per impiegare al meglio la nostra visita nel corso di una lunga pausa dal suo impegno come volontario in Piazza Arringo, dove quella mattina partiva e arrivava la mezza maratona, stimava in un 50% gli interventi di chi ci “ha marciato”. Cioè ha sfruttato il sisma come scusa. Altri avanzano stime più sapute e malevoli. Resta che la città è di pietra viva punteggiata talvolta con graziosi inserti di coccio e altri frammenti lapidei storici. In un modo o nell’altro va tenuta su. 

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