lunedì 27 giugno 2022

BAGNINO CONVIENE. INCHIESTA SU QUESTA FIGURA MOLTO ROMAGNOLA OGGI IN APPRENSIONE PER IL DESTINO DELLA PROPRIA IMPRESA PER VIA DELL'OBBLIGO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE DI METTERE A BANDO LE CONCESSIONI SULLE SPIAGGE A PARTIRE MASSIMO DAL 2024

 


Enrico, 25 anni, da due gestisce in affitto uno stabilimento balneare a Pinarella di Cervia e non si sbilancia davanti alla richiesta su quanto ammonterà il suo guadagno nella stagione 2021, la prima post-Covid-19. D’altra parte Ilaria, che, invece, a Lido Adriano, Ravenna, di ombrelloni ne ha il doppio (220) ci assicura che “nessun bagnino te lo dirà mai”, quanto guadagna. Presumiamo però da calcoli e testimonianze variamente raccolte che un bagno romagnolo di 100-150 ombrelloni, il bar- ristorante, e lavoro sodo dalle 12 alle 15 e addirittura alle 18 ore al giorno nei tre mesi a pieno regime, e parecchio di meno a primavera per la preparazione alla stagione e a settembre-ottobre per predisporre il tutto per l’inverno con tanto di barriere anti-marea, può bastare per tutto l’anno per vivere “tranquillamente”.

E anche più che tranquillamente, come dichiara Ermes, 71 anni, tre bagni gestiti in passato e la trattativa in corso per un quarto, dopo una pausa di un paio d’anni per motivi di salute. Se l’estate è come quella pandemica del 2021 gli incassi possono essere superiori del 40% rispetto alle stagioni precedenti. Lo conferma Fabio, sempre di Pinarella, col quale conversiamo a fine estate in piena preparazione alla nuova stagione 2022 che inaugurerà già ad aprile. Quarantaduenne, un esercizio gestito dal 2005 che tocca i 240-280 mila euro di fatturato, ammette senza reticenze che nel 2020 pandemico gli incassi sono stati per lui gli stessi del 2019 nonostante due mesi in meno di esercizio. Nel suo caso grande ruolo l’hanno svolto gli spritz et similia, cioè la voglia di chiacchiere post-lockdown. Confida peraltro che neppure la guerra ucraina andrà a detrimento delle sue entrate.

Conversiamo coi bagnini romagnoli soprattutto tra settembre e novembre 2021, quindi a cavallo della storica sentenza del consiglio di stato (18/2021) che sulla questione delle spiagge demaniali e la relativa concessione ai gestori popolarmente noti come “bagnini” dice stop a deroghe e leggi illegittime come l’estensione degli attuali diritti al 2033, imponendo bandi di gara. Il dibattito è babelico: sui social e sui giornali leggi anche di sdemanializzare le spiagge per eliminare il problema. E un ruolo importante lo svolge proprio l’organo della categoria, Mondo balneare, portale dedicato al mestiere del bagnino con anche un periodico semestrale, che sta a San Marino, in pratica nel cuore della Romagna.

Giustamente: secondo il Report spiagge 2021 di Legambiente in Emilia- Romagna ci sono “ben 1.313 concessioni per stabilimenti balneari” su un totale nazionale di 12166. Negli ultimi vent’anni sono cresciuti ovunque, gli impianti, in Italia. Per l’esattezza sono raddoppiati. In Emilia-Romagna di un centinaio solo negli ultimi tre. Col risultato che, insieme alla Liguria, la regione registra la più alta percentuale di arenili privatizzati, 70%, con situazioni estreme quali “i 51,6 chilometri tra Cattolica e Cervia” in cui “troviamo 906 stabilimenti e meno del 9% di spiagge libere ridotte a poche decine di metri di strisce, spesso peraltro proprio nei tratti non balneabili”. È romagnolo, Gatteo, il comune col 100% di spiaggia occupata.

In ultimo la furbizia, sempre secondo Legambiente, di destinare sì il 20% obbligatorio alla libera fruizione, ma calcolandolo su base regionale. In pratica “grazie alle aree protette della fascia a nord di Comacchio e Ravenna si rientra nelle regole”.

Tutto a conferma, insomma, che quello del bagnino romagnolo continua ad essere un lavoro impegnativo, faticoso, con sorprese sgradite soprattutto in tempi di cambiamenti climatici, quali per esempio le mareggiate, ma anche allettante. Prima di tutto, appunto, dal punto di vista economico, benché forse non come nei favolosi anni ‘70 e ‘80. Al netto naturalmente delle evasioni fiscali (e ne apprendiamo di epiche) riguardanti la compravendita degli esercizi, l’Iva, le collaborazioni e naturalmente i servizi prestati, che non sono affatto leggenda. E naturalmente pure di brutte sorprese come quella generata dall’incombere della Bolkenstein, da cui “non si scappa più”, sentenzia un Fabio per questa ragione “sconsolatissimo”.

Dal 2024 quelli come lui potrebbero infatti essere soppiantati da organizzazioni economiche più facoltose e potenti. E questo perché la legislazione che il governo parrebbe approntare per regolare l’assegnazione delle spiagge non raccoglierebbe i “paletti” a tutela della categoria. “Vengono tolti uno dopo l’altro”. Che ne sarà, quindi, degli investimenti intrapresi? In specifico quelli nella legittima convinzione d’essere inamovibili dal proprio sito fino al 2033? Per non dire inoltre della rabbia per la cattiva fama per via del minuscolo gruzzolo di appena 100 milioni complessivi girato dai bagni alle pubbliche amministrazioni in cambio delle concessioni, del quale l’italica categoria in toto è imputata. Quando invece unica responsabile è l’inerzia dei vari governi. Fosse per loro...

E c'è da credergli che non è una questione di portafogli, perché si diventa bagnini per scelta. Verrebbe da dire per vocazione. Era il ’98, Ermes racconta, quando girava in Porsche Carrera Cabrio “per via dell’officina di carrozziere”. Soldi ne aveva, ma anche, racconta, "non smettevo di ripetermi, in considerazione del lavoro malsano, scappa prima che ci lasci la pelle”. Tanto che, quando “una domenica mattina al bar un amico mi chiede di provare... c’era l’annuncio di vendesi a Milano Marittima... Insomma in mezz’ora ho fatto il contratto per il bagno a Lido di Savio con anche l’abitazione: 400 milioni (lire) in tre anni, cento milioni subito. Allora li avevo. Neanche avevo detto niente a casa”. Dove comunque la notizia raccoglie l’ok della figlia. Discorso simile per il marito di Ilaria: anche lui carrozziere e anche lui desideroso di cambiare aria, nonostante l'opposizione dei famigliari ma l'assoluto placet della moglie. Enrico, diplomato ragioniere, proprio di stare in ufficio non gli andava e Thomas è addirittura laureato in lettere e filosofia con un passato di prof e nessun rimpianto per quanto la cultura stia in cima ai suoi pensieri.

Certo, se è probabilmente vero, come sentenzia Ilaria, che con il business della spiaggia e dell’ombrellone devi essere “proprio un cane” perché le cose ti vadano male, senza dubbio alcuno però qualche precondizione per il successo ci vuole. Non ultima la leggendaria simpatia locale, che peraltro nulla vieta ne disponga un cinese (tanto per citare un’etnia evocata dai nostri intervistati come una perfetta antitesi del mestiere). Si richiede però anche, anzi in primo luogo, quel minimo di intimi e consanguinei come forza lavoro, dal padre tuttofare alla fedele morosa. Non solo braccia. Anche competenze. Pratiche e teoriche. Dal cuoco che con le sue galline contribuisce a fornire le quindici uova quotidiane per la pasta fresca. Alla madre che in previsione della nuova stagione in questo marzo ancora gelido sta preparando gli strozzapreti da congelare al ritmo di un paio di chili al giorno per il rifornimento estivo. In aggiunta ai collaboratori, naturalmente, peraltro non più facilissimi da reperire come una volta e ancora assunti in modo creativo.

Meglio poi, consiglia Ermes, subentrare nella gestione con l’acquisto diretto dell’azienda, e con denaro contante. “Il bagno in affitto non conviene, perché ci vogliono 40, 50, 60 mila euro per un anno. Rischi di rimetterci”, mentre pure il mutuo può risultare una palla al piede. Lui, bagnino a partire dai 48 anni, ha sempre optato per il subentro in proprietà, rilevando impianti “medi”, “bruttini”, “spartani”, da “tirare su” e rendere gettonati con aggiustamenti vari. Per poi magari rivenderli in buona salute con lauto surplus da reinvestire in altro: appartamenti in particolare.

“Venti-trent’anni fa, anni ’80 e ’90, 130 ombrelloni, un milione ad ombrellone, le famiglie che facevano un mese di mare, pochi soldi che andavano al demanio, poche tasse... guadagnavi da prenderti un appartamento”, ma certo anche oggi il mare e la spiaggia ti forniscono un buon reddito. Non per nulla Ermes dopo il bagno al Lido di Savio, poi a Cervia con 200 lettini e 110 ombrelloni, quindi l’ultimo (“mi piaceva cambiare quando guadagnavo”) a Pinarella per dieci anni, e infine la pausa imposta un po’ dalla salute un po’ dall’emergenza Covid... insomma vuol tornare presto in lizza con la figlia ancora prima tifosa. Un autentico richiamo della foresta. Di bagni in vendita ce ne sono tanti, con mezzo milione ce la fai e la sfida è sempre quella: comprare un “bagno medio per riempirlo di umanità”.

Senza mai dimenticare, come suggerisce Ilaria, che, per quanto ti distingui per il buon cibo, e la romagnolità del medesimo, è la spiaggia la principale fonte delle soddisfazioni oltre che degli introiti. “Ecco, secondo me oggi il bagno ha perso un po’ troppo la visione della spiaggia -osserva Ilaria- Per fare soldi col ristorante devi avere molti tavoli: il guadagno è solo del 10-15%, devi assumere il cuoco, magari per 3000-4000 al mese. Per noi la ristorazione resta quindi un servizio accessorio. Guadagniamo di più con l’ombrellone: 750-800 euro a stagione. Noi siamo come l’albergatore: lui ti dà la stanza, noi l’ombrellone”.

C’erano anche le serate prima del Covid, ma possono diventare un impegno molto stancante. Ilaria le sconsiglia anche per un’altra ragione: “Se la gente prende tutto da noi a Lido Adriano non c’è più niente. Diventa deserto. Ne parlavo una sera con un ristoratore: la liberalizzazione del commercio è stata un’arma a doppio taglio e io credo che il meglio sia fare bene il proprio lavoro”. In altre parole una giusta dose di visuale a 360% non guasta anche in questo mestiere.

“Oggi Lido Adriano –spiega Ilaria- dopo anni difficili successivamente agli anni ’80, anni di bagni a fuoco, accoltellamenti, la fuga dei ravennati, nuovi arrivi attirati dalle attività vendute a basso prezzo, oggi è finalmente risorto. Oggi è un paese di etnie diverse, integrate. Oggi vedi la gente, non il marocchino, il nigeriamo, la gente, e non si sente più di scippi o altro. D’inverno ha i suoi 7000 abitanti, un polo scolastico dalla materna alle medie, uno sanitario, una scuola di teatro, una proloco che fa i suoi compitini per bene e un presidente che è di Lido Adriano, ama Lido Adriano, si interessa, è molto disponibile. I ravennati ne parlano male, ma è un esempio di rigenerazione positiva, ma d’altra parte i ravennati sono così... hanno un porto, ma non sono aperti. Per dire: io tra i miei clienti ho solo tre ravennati. Ravenna sente sua la spiaggia di Marina di Ravenna. Il sindaco di Ravenna dice che la punta di diamante di Ravenna è Marina di Ravenna. E noi? Ci ho vissuto un inverno a Lido Adriano e sono stata bene...”

L’inverno 2021 invece Ilaria e marito lo trascorrono a Cesena: è un inverno pandemico, ma Ilaria non ha problemi né di gestione del Covid (per quanto non pronunci mai la formula no vax) né, tanto meno, economici. “Altrimenti non starei senza lavorare...” 

mercoledì 15 giugno 2022

CESENA - FINALMENTE APPRODATO IN COMMISSIONE CONSILIARE IL PROGETTO DI REVISIONE IDRAULICA DEL CESUOLA, MA IL COMITATO PONTEABBADESSEATTIVA NON CREDE A FRANCESCA LUCCHI QUANDO AFFERMA DI ASCOLTARE I CITTADINI. LUGARESI: "FINORA SIAMO STATI SCAVALCATI CON CURA"

 

Alla fine Tiziana Lugaresi il 14 giugno 2022 è riuscita nell’intento di portare in commissione consiliare l'illustrazione del progetto da 20 milioni di risistemazione del torrente Cesuola che l'amministrazione di Cesena guidata da Enzo Lattuca e l’assessora all'ambiente Francesca Lucchi, avrebbero certo preferito restasse più carsico.

In particolare c'era la parte dell'intervento finanziata e progettata dalla regione e adottata dal Comune di Cesena riguardante il quartiere di Ponte Abbadesse che proprio non andava giù alla leader del Comitato PonteAbbadesseAttiva per la scarsissima trasparenza dell'iter e per l'esistenza di impatti significativi sulla vita e la qualità del quartiere non resi noti agli abitanti.

L'aspetto piu contestato è  rappresentato dalle decine di migliaia di metri cubi da prelevare da un campo sulla sinistra del torrente per essere trasportate sopra un altro di proprietà di Arturo Santini, patron di Alce Nero, leader dei prodotti biologici, col corollario di migliaia di camion, fumi, polveri sottili, rumore, pericoli vari. Per minimo sei mesi.

Alla domanda  di Denis Parise di Cesenasiamonoi, su richiesta del quale la commissione è stata convocata, sul perché di questa scelta invece, per esempio, del conferimento del terreno alla discarica di Rio Eremo in attesa da decenni di risanamento, l’autrice principale del progetto, l’ingegnera Sara Vannoni, ha risposto che "si cercava un'area per evitare il passaggio dei camion per il centro di Cesena e si è prestato allo scopo il campo di via Falconara" ai piedi della camminata cicloturistica dei Gessi in quanto caratterizzata "da una depressione accentuata e molto ampia". Certo alla fine dei lavori "non ci sarà più il buco", cioè il catino naturale che oggi protegge da allagamenti le case a valle, ma, ha assicurato l'ingegnera, i lavori si occuperanno, sulla base di uno studio specifico, della "regimazione superficiale delle acque" per evitare allagamenti in seguito.

Tanto Vannoni quanto l'assessora hanno comunque assicurato che il progetto è ancora in fase di elaborazione. Parole di Francesca Lucchi: "si stanno valutando altre allocazioni del terreno".

A cui Tiziana Lugaresi non crede. Il progetto, osserva, è stato reso pubblico ad agosto, dopo essere stato escluso dalla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale. Ne è seguita una illustrazione in quartiere incompleta e i dettagli sull’impatto dei lavori i cittadini li hanno appresi da chiacchiere volanti. Come si suol dire: il buon giorno si vede dal mattino. "Stanno lavorando da mesi per questo risultato, perché mai dovrebbero cambiare? Una solenne presa in giro nella quale l’assessora Lucchi non sta certo brillando di luce propria”.

Indispensabile, lodata, benvenuta da tutti in quanto necessaria a gestire piene importanti in tempi di cambiamento climatico, l'operazione sul Cesuola, un bacino di 13 kmq, undici sottobacini e 260 scarichi di varia natura, che attraversa la città sottoterra per circa un km, non ha dissipato  tutti i dubbi e gli interrogativi. E anche le perplessità, in particolare riguardo a rumori e polveri durante i lavori e efficienza effettiva delle vasche di laminazione nel tempo.

In particolare la progettazione è stata giudicata carente da Denis Parise, in quanto mancante, ha puntualizzato l’architetto, di un serio studio paesaggistico, nonostante “la regione disponga di uffici specifici allo scopo”.

Inoltre “ha molto poco di ecologico”, perché si tratta di un "intervento tradizionale all'insegna della pura ingegneria idraulica per la quale i torrenti sono solo canali in cui l'acqua deve scorrere punto". Forse riceverà soldi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienzia, ma, chiude Parise, "non si fa così la transizione ecologica". 





martedì 7 giugno 2022

LA CULTURA SI RISVEGLIA DOPO LA PANDEMIA MA SONO SPESSO PROPOSTE MEDIOCRI E IL BELLARIA FILM FESTIVAL VERSIONE 2022 CI HA FATTO RIMPIANGERE LE EDIZIONI PASSATE COI BELLISSIMI DOCUMENTARI


 

Dei tre appuntamenti di Cap30, la tre giorni cesenate del 26, 27 e 28 maggio sulla sostenibilità organizzata da Casa Bufalini, a cui abbiamo partecipato, la chiacchierata di Giobbe Covatta con l’influencer all’Eliseo sul cambiamento climatico è stata coinvolgente. L’anziano jongleur ha picchiato duro su quanto ci aspetta su questo nostro pianeta. Già da nonni. Mica solo i nipoti. Con Serena Dandini e Orsetta de Rossi al Bonci nella stessa giornata non siamo invece andati oltre l’amabile salotto stile Che tempo che fa. Mentre Matteo Caccia, il giornalista di Radio 24, che il giorno prima ci aveva intrattenuti col suo girovagare per Cesena sulla scia degli annunci immobiliari, beh, non è stato certo irresistibile. Tutto insomma per dire che dopo il Covid-19 la cultura ha riacceso i motori, ma spesso si tratta, dietro i volti massmediatici, di cosette.

Niente di esaltante anche nell’ultima giornata del Bellaria Film Festival, 12-15 maggio 2022, qualche giorno prima. La milanese Daniela Persico e il gruppo di giovani bellariesi di Approdi l’hanno trasformato in rassegna filmica tout court. Non più la mitragliata di documentari qual era negli anni alle spalle. Così ci sono toccate due ore sonnolente di Memoria, film di Apichatpong Weerasethakul, rimpiangendo le edizioni passate del festival con le sue straordinarie e multiformi storie di vita. Meglio, certo, Re Granchio, il film vincitore, e pure Atlantide del ravennate Yuri Ancarani: nessuna delle due pellicole però costituiva una novità.

In sostanza la nuova versione dell’amatissimo festival bellariese, costato quasi centomila euro, un quarto circa probabilmente di fonte regionale, il resto comunale, sembra trasformato in una questione di cinefili e addetti. E non crediamo affatto che la partecipazione del pubblico nel 2022 sia quadruplicata “rispetto al recente passato” come invece secondo gli organizzatori senza fornire numeri. Se non altro perché era a pagamento: cinque euro per ciascuna proiezione: corto di venti minuti o lungo che fosse. Per stare nella settima arte, questa modalità ci ha ricordato un po’ la scena del fiorino di Benigni e Troisi in Non ci resta che piangere.

Esposto il problema presso Emilia-Romagna Film Commission che finanzia, oltre ai film, le rassegne e i festival della regione, la risposta è stata che il bando, che include uno stanziamento complessivo di 1milione e 140 mila euro, “non prevede l’obbligo dell’ingresso gratuito”. D’accordo, visto però che i soldi pubblici ci sono un criterio non guasterebbe. Addirittura l’anno scorso al Nòt Film Festival di Santarcangelo di Romagna per le visioni al Supercinema, non allo sferisterio dove effettivamente non si pagava, l’ingresso costava 8 euro con la stessa modalità di Bellaria. Quella del fiorino. Anche in quella rassegna organizzata dall’associazione santarcangiolese Kinetoscopio, che dalla regione ha ricevuto 20 mila dei centomila euro previsti per la kermesse, ricordiamo proposte molto valide, altre decisamente meno.

Per avere una rendicontazione, almeno riguardo al pubblico, di questi due festival la Film Commission emiliano-romagnola ci ha chiesto una regolare domanda di accesso agli atti. Non si capisce però perché mentre agli organizzatori, compresi i comuni, è consentito quasi sempre di magnificare alla stampa alate cifre provanti il successo di pubblico, a chi chiede conto delle fonti invece si impongono le pastoie degli uffici regionali oppure, come nel caso di Approdi e dell’assessore alla cultura di Bellaria-Igea Marina Michele Neri per il Bellaria Film Festival, il silenzio. Queste rassegne dovrebbero essere o diventare feste per tutti e di tutti con l’accountability che fa da regina.

Infine, nel tourbillion di iniziative abbiamo scoperto sulla nostra pelle che nei burocrati comunali il clima pandemico permane. L’1 giugno 2022 ci saremmo volentieri tirati su il morale con un po’ di sano memento mori. Per la settimana dei cimiteri monumentali avremmo desiderato udire dalla colta voce di Franco Spazzoli vita morte e miracoli di alcuni dei più nobili, anche se alquanto scalcinati, sacelli cesenati, ma il gruppo non poteva superare i venti. Eravamo 3-4 in più, ma niente deroghe. Non sia mai.