martedì 7 giugno 2022

LA CULTURA SI RISVEGLIA DOPO LA PANDEMIA MA SONO SPESSO PROPOSTE MEDIOCRI E IL BELLARIA FILM FESTIVAL VERSIONE 2022 CI HA FATTO RIMPIANGERE LE EDIZIONI PASSATE COI BELLISSIMI DOCUMENTARI


 

Dei tre appuntamenti di Cap30, la tre giorni cesenate del 26, 27 e 28 maggio sulla sostenibilità organizzata da Casa Bufalini, a cui abbiamo partecipato, la chiacchierata di Giobbe Covatta con l’influencer all’Eliseo sul cambiamento climatico è stata coinvolgente. L’anziano jongleur ha picchiato duro su quanto ci aspetta su questo nostro pianeta. Già da nonni. Mica solo i nipoti. Con Serena Dandini e Orsetta de Rossi al Bonci nella stessa giornata non siamo invece andati oltre l’amabile salotto stile Che tempo che fa. Mentre Matteo Caccia, il giornalista di Radio 24, che il giorno prima ci aveva intrattenuti col suo girovagare per Cesena sulla scia degli annunci immobiliari, beh, non è stato certo irresistibile. Tutto insomma per dire che dopo il Covid-19 la cultura ha riacceso i motori, ma spesso si tratta, dietro i volti massmediatici, di cosette.

Niente di esaltante anche nell’ultima giornata del Bellaria Film Festival, 12-15 maggio 2022, qualche giorno prima. La milanese Daniela Persico e il gruppo di giovani bellariesi di Approdi l’hanno trasformato in rassegna filmica tout court. Non più la mitragliata di documentari qual era negli anni alle spalle. Così ci sono toccate due ore sonnolente di Memoria, film di Apichatpong Weerasethakul, rimpiangendo le edizioni passate del festival con le sue straordinarie e multiformi storie di vita. Meglio, certo, Re Granchio, il film vincitore, e pure Atlantide del ravennate Yuri Ancarani: nessuna delle due pellicole però costituiva una novità.

In sostanza la nuova versione dell’amatissimo festival bellariese, costato quasi centomila euro, un quarto circa probabilmente di fonte regionale, il resto comunale, sembra trasformato in una questione di cinefili e addetti. E non crediamo affatto che la partecipazione del pubblico nel 2022 sia quadruplicata “rispetto al recente passato” come invece secondo gli organizzatori senza fornire numeri. Se non altro perché era a pagamento: cinque euro per ciascuna proiezione: corto di venti minuti o lungo che fosse. Per stare nella settima arte, questa modalità ci ha ricordato un po’ la scena del fiorino di Benigni e Troisi in Non ci resta che piangere.

Esposto il problema presso Emilia-Romagna Film Commission che finanzia, oltre ai film, le rassegne e i festival della regione, la risposta è stata che il bando, che include uno stanziamento complessivo di 1milione e 140 mila euro, “non prevede l’obbligo dell’ingresso gratuito”. D’accordo, visto però che i soldi pubblici ci sono un criterio non guasterebbe. Addirittura l’anno scorso al Nòt Film Festival di Santarcangelo di Romagna per le visioni al Supercinema, non allo sferisterio dove effettivamente non si pagava, l’ingresso costava 8 euro con la stessa modalità di Bellaria. Quella del fiorino. Anche in quella rassegna organizzata dall’associazione santarcangiolese Kinetoscopio, che dalla regione ha ricevuto 20 mila dei centomila euro previsti per la kermesse, ricordiamo proposte molto valide, altre decisamente meno.

Per avere una rendicontazione, almeno riguardo al pubblico, di questi due festival la Film Commission emiliano-romagnola ci ha chiesto una regolare domanda di accesso agli atti. Non si capisce però perché mentre agli organizzatori, compresi i comuni, è consentito quasi sempre di magnificare alla stampa alate cifre provanti il successo di pubblico, a chi chiede conto delle fonti invece si impongono le pastoie degli uffici regionali oppure, come nel caso di Approdi e dell’assessore alla cultura di Bellaria-Igea Marina Michele Neri per il Bellaria Film Festival, il silenzio. Queste rassegne dovrebbero essere o diventare feste per tutti e di tutti con l’accountability che fa da regina.

Infine, nel tourbillion di iniziative abbiamo scoperto sulla nostra pelle che nei burocrati comunali il clima pandemico permane. L’1 giugno 2022 ci saremmo volentieri tirati su il morale con un po’ di sano memento mori. Per la settimana dei cimiteri monumentali avremmo desiderato udire dalla colta voce di Franco Spazzoli vita morte e miracoli di alcuni dei più nobili, anche se alquanto scalcinati, sacelli cesenati, ma il gruppo non poteva superare i venti. Eravamo 3-4 in più, ma niente deroghe. Non sia mai. 

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