Niente di riprovevole in sé, sia chiaro. La letteratura musicale, poetica e narrativa se ne serve e, per stare in Romagna, ricordo il componimento di Raffaello Baldini, di cui mi sfugge il titolo, ma, come il famoso testo di Gaber in cui immagina Nixon al gabinetto, prende spunto per quella naturale operazione per dire cose che vanno oltre, almeno così mi sembra di ricordare, l’evacuare puro e semplice. Che però come oggetto in sé, cioè se ad esso si ricorre in quanto tale per far ridere, ha l’unico merito, se così si può chiamare, di trascinare il pubblico in una ilarità di natura più che infantile: regressiva.
A cui pare addirittura incredibile come l’artista in questione possa affidarsi per ottenere applausi presso un pubblico adulto. Anche gli spettacoli della serie Gatòzli, organizzati e ottimamente diretti da Manuela Gori, indulgono spesso, in chiave dialettale, a questi scivoloni fecali.
Per entrare più nel merito del Ribaltati, un conto è l’esilarante scena dell’astronauta che esita a mettere il primo piede sul suolo lunare e quando finalmente lo fa pesta una cacca. Siamo nel comico e nel surreale. Un altro è però un bis rappresentato dai rumori dei peti come pura riproduzione virtuosistica della cacofonia ad essi associata. Un crollo.