Tanto pessimismo nel pomeriggio organizzato da Idee per la sinistra il 19 gennaio sul tema del
Welfare socio-sanitario finalizzato, come altri incontri prima e dopo, a scuotere Pd e satelliti
affinché diventino “credibili” presso chi li potrebbe votare e/o non li vota più. Dopo le
lodi a dottori e infermieri e le promesse durante il Covid-19 e il lockdown, la
“svolta” non c’è stata. E il taglio di 37 miliardi al Servizio Sanitario Nazionale tra il 2010 e il 2019, la
cancellazione di 300 ospedali, 80 mila posti letto, 50 mila unità di personale, nonché gli attuali stanziamenti inferiori del
25% rispetto alla media Ue, continuano a pesare sul futuro del
“carattere universale ed egalitario” della medicina nostrana.
Il perché l’ha spiegato Francesco Taroni,
docente di medicina sociale all’Alma mater di Bologna, in una sorta di lezione di storia sanitaria. Anche se, a dire il vero, Taroni non è intervenuto solo da storico dal
momento che in premessa ha affermato che “una nuova pandemia, non si sa quando, ma è
assolutamente certa”.
Dopo di che ha illustrato il processo subdolo attraverso cui il Servizio
Sanitario Nazionale creato nel 1978 è approdato al baratro senza neanche ricorrere a controriforme o leggi ad hoc. É bastato convincerci che fosse impossibile rispondere con risorse pubbliche a crescenti richieste di cura e fosse indispensabile aprire le porte al capitale
privato. Cosa fatta via via “con deleghe e riduzioni di coperture”.
Risultato: siamo a 40 miliardi di spesa privata per la salute, che corrispondono ad 1/3 della spesa
complessiva del Servizio Sanitario Nazionale, e ben 14 milioni di cittadini è iscritto a fondi
integrativi: in cinque anni sono raddoppiati. In pratica stiamo scappando dal
Servizio Sanitario Nazionale. E non solo noi pazienti.
Carlo Lusenti, urologo ed ex-assessore regionale, ha riferito che gli ex-eroi in camice bianco (due
milioni complessivi) oggi sono “logori e disorientati”. E se in passato vedevano nella sanità
pubblica il luogo ideale della propria carriera, ora sfruttano tutte le finestre per uscirne: dal
prepensionamento al privato. Dal 2016 al 2020, tanto per sottolineare quanto stanno bene,
ammontano “a 12 mila le denunce di malattia professionale per violenza a carico di sanitari”. La
cui fuga indolore è favorita da operazioni come la flat tax. Che, nella logica dello
smantellamento senza clamori, lascia in tasca ad alcuni tanti soldi per “creare un
esercito di riserva da accogliere nei sistemi assicurativi” a vantaggio delle strutture private.
“Fisco corporativo = welfare corporativo” Taroni aveva del resto già sentenziato prima di lui. Che a
valle si traduce nel semplice risultato di un minimo di prestazioni per tutti, che però potrebbe essere, precisa Lusenti, “il
pian terreno o il soffitto”. Più probabile il primo. Mentre in su va solo chi paga.
Premesso che noi siamo messi peggio del Regno Unito, perché il sistema sanitario
di sua maestà soffre sì come noi per i medici di base, non però per i vuoti di personale negli
ospedali, da noi causati da una totale assenza di dialogo tra SSN e Università e quindi di
programmazione, non resta da chiedersi che fare. Risposta: un piano d'emergenza nei prossimi 2-4
anni per salvare il SSN. “Per fermare la deriva”. E poi un altro più a lungo termine che affronti tutte le
tematiche: dalla rete ospedaliera alle cure primarie. Se no l’autonomia differenziata in probabile arrivo, ha sentenziato l'ex-presidente dell'Emilia Romagna, gli darà il "colpo decisivo".