mercoledì 25 gennaio 2023

INVISIBILI DI PAOLO CASSINA PORTA ALL'ATTENZIONE COLORO CHE SONO STATI VITTIME DEGLI EFFETTI AVVERSI DI PFIZER E MODERNA, MA MISTIFICA SUL CONTESTO DI MORTI E DI DIFFICOLTÀ ENORMI CHE SEGNARONO IL PAESE PRIMA DELL'ARRIVO DEI VACCINI. I MORTI E LE TERAPIE INTENSIVE (OLTRE CHE IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE STESSO) AL COLLASSO PER CASSINA POSSONO TRANQUILLAMENTE ESSERE OMESSI E DIMENTICATI

Invisibili, docufilm di Paolo Cassina visto all’Aladdin, Cesena, ieri sera, 24 gennaio, non è un lavoro onesto. Le due sale, 300 e 400 posti ciascuna, scoppiavano, mai viste tante auto parcheggiate intorno alla multisala, perché evidentemente non solo il mondo no vax e no pass era interessato all’argomento, anche se gli applausi e gli interventi nel corso del dibattito successivo ne rivelavano una prevalente partecipazione. Il lungometraggio di Cassina, però, porta all’attenzione di tutti noi un problema inoppugnabile, non sufficientemente affrontato, quello di chi ha subito effetti nocivi da Pfizer e Moderna, ma inquadrandolo in modo monco e mistificante. Difficile sapere quanto vantaggio procurerà a questi Invisibili, la cui storia invece meriterebbe attenzione obbiettiva, non faziosa.

Perché è giusto e doveroso dare visibilità a coloro, che in modo grave, forse talvolta letale, altre volte meno, tra le decine, anzi le centinaia di milioni di dosi iniettate, stanno tra i sommersi di questa dolorosa storia, ma che c‘azzeccano, caro Cassina, gli stacchi tra una intervista e l’altra con stralci delle manifestazioni no vax e no pass? 

Quelle manifestazioni si svolgevano mentre la stragrande maggioranza degli italiani e degli europei andava a farsi bucare con la consapevolezza che quello era l’unico modo per proteggersi dalla malattia e arrestarne la diffusione nella forma più grave.

Per Cassina gli ospedali che scoppiano, le bare nella bergamasca, i due lockdown, i 500 morti tra medici e infermieri, i quasi 200 mila decessi solo in Italia, per quanto riguarda il suo docufilm possono tranquillamente essere taciuti. Questo però non è corretto.

lunedì 23 gennaio 2023

FRIDA KAHLO PER IMMAGINI, CIOÉ FOTOGRAFIE DI GRANDI FOTOGRAFI DEL SUO TEMPO CHE L'AMARONO APPREZZARONO E AMMIRARONO, RACCONTA LA VITA DI UNA DI QUELLE DONNE DELLA PRIMA META' DEL '900 CHE SI DISTINSERO ED EMERSERO PER LIBERTÁ, BRAVURA E FORZA

 

Marco Lodola, Frida Kahlo

Visitare una mostra di fotografie su Frida Kahlo, padre ebreo, comunista, tifosa massima della rivoluzione messicana di Pancho Villa, a Villa Mussolini, Riccione, fa il suo effetto. Senza andare troppo lontano nella dirimpettaia Albania la casa di Hoxha è diventata edificio pubblico, ma con netta presa di distanza dal dittatore e dal suo feroce quarantennio.

A Riccione invece tutto è ambiguo e/o falso: a cominciare dal nome stesso dell’edificio, visto che, come osserva lo storico Daniele Susini su Domani nell’aprile 2021, si chiamava Villa Margherita, era di donna Rachele, neanche citata nella bacheca illustrativa dell’edificio all’ingresso, e “il dittatore la frequentò, solo, qualche volta d’estate”.

Diversamente dal contenitore, però, la mostra Frida Kahlo per immagini ha una sua onestà e la si visita col piacere d’aver appreso di più e in modo, per così dire, diretto, senza mediazioni, neppure dei suoi quadri, riguardo all'esistenza di una di quelle donne del primo novecento che emersero, sgomitarono, vissero, pur tra conflitti, tribolazioni e sofferenze inaudite, all’insegna di una libertà, sessuale in primis, che, oggi, quasi un secolo dopo, non può non sorprenderci e renderci ammirati. Anche la sua vita fu un'opera d'arte.

Ingresso Villa Mussolini

C'è tutto. Frida era bellissima e tanti fotografi e fotografe la immortalarono. Vestita (abbigliamento messicaneggiante) e nuda. Amò e fu amata da donne e uomini, raggiunse successo e apprezzamento come pittrice, pur patendo per aborti spontanei e terapeutici e interventi chirurgici imposti da condizioni di salute gravissime, e restando tempestosamente legata al pittore Diego Rivera. Infine, allettata, presumiamo, desiderò a 47 anni in qualche modo la morte come una finale liberazione. Tutto, quasi, in bianco e nero. Fino a maggio 2023.



venerdì 20 gennaio 2023

PROSPETTIVE NEFASTE PER IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE IN UN INCONTRO ORGANIZZATO DA IDEE PER LA SINISTRA NELLA SEDE DELLA CGIL A FORLI SUL TEMA DEL WELFARE SOCIO-SANITARIO. SENZA UNA INVERSIONE DI ROTTA LA MEDICINA NOSTRANA É DESTINATA A PERDERE COMPLETAMENTE IL SUO CARATTERE UNIVERSALE E EGALITARIO ALLARGANDO LA FAGLIA TRA CHI PAGANDO AVRÁ DI PIÚ (O ANCHE SEMPLICEMENTE IL GIUSTO) E CHI DOVRÁ ACCONTENTARSI DEI LEP (LIVELLI ESSENZIALI DI PRESTAZIONE). L'AUTONOMIA DIFFERENZIATA RICHIESTA DA VENETO LOMBARDIA ED EMILIA ROMAGNA DARÁ, SECONDO VASCO ERRANI, EX-PRESIDENTE DELLA REGIONE OGGI GUIDATA DA BONACCINI, PROBABILE FUTURO SEGRETARIO DEL PD, IL COLPO DECISIVO A QUESTO PROCESSO

Francesco Taroni

Tanto pessimismo nel pomeriggio organizzato da Idee per la sinistra il 19 gennaio sul tema del Welfare socio-sanitario finalizzato, come altri incontri prima e dopo, a scuotere Pd e satelliti affinché diventino “credibili” presso chi li potrebbe votare e/o non li vota più. Dopo le lodi a dottori e infermieri e le promesse durante il Covid-19 e il lockdown, la “svolta” non c’è stata. E il taglio di 37 miliardi al Servizio Sanitario Nazionale tra il 2010 e il 2019, la cancellazione di 300 ospedali, 80 mila posti letto, 50 mila unità di personale, nonché gli attuali stanziamenti inferiori del 25% rispetto alla media Ue, continuano a pesare sul futuro del carattere universale ed egalitariodella medicina nostrana.

Il perché l’ha spiegato Francesco Taroni, docente di medicina sociale all’Alma mater di Bologna, in una sorta di lezione di storia sanitaria. Anche se, a dire il vero, Taroni non è intervenuto solo da storico dal momento che in premessa ha affermato che “una nuova pandemia, non si sa quando, ma è assolutamente certa”. 

Dopo di che ha illustrato il processo subdolo attraverso cui il Servizio Sanitario Nazionale creato nel 1978 è approdato al baratro senza neanche ricorrere a controriforme o leggi ad hoc. É bastato convincerci che fosse impossibile rispondere con risorse pubbliche a crescenti richieste di cura e fosse indispensabile aprire le porte al capitale privato. Cosa fatta via via “con deleghe e riduzioni di coperture”.

Risultato: siamo a 40 miliardi di spesa privata per la salute, che corrispondono ad 1/3 della spesa complessiva del Servizio Sanitario Nazionale, e ben 14 milioni di cittadini è iscritto a fondi integrativi: in cinque anni sono raddoppiati. In pratica stiamo scappando  dal Servizio Sanitario Nazionale. E non solo noi pazienti.

Carlo Lusenti, urologo ed ex-assessore regionale, ha riferito che gli ex-eroi in camice bianco (due milioni complessivi) oggi sono “logori e disorientati”. E se in passato vedevano nella sanità pubblica il luogo ideale della propria carriera, ora sfruttano tutte le finestre per uscirne: dal prepensionamento al privato. Dal 2016 al 2020, tanto per sottolineare quanto stanno bene, ammontano “a 12 mila le denunce di malattia professionale per violenza a carico di sanitari”. La cui fuga indolore è favorita da operazioni come la flat tax. Che, nella logica dello smantellamento senza clamori, lascia in tasca ad alcuni tanti soldi per “creare un esercito di riserva da accogliere nei sistemi assicurativi”  a vantaggio delle strutture private

“Fisco corporativo = welfare corporativo” Taroni aveva del resto già sentenziato prima di lui. Che a valle si traduce nel semplice risultato di un minimo di prestazioni per tutti, che però potrebbe essere, precisa Lusenti, il pian terreno o il soffitto”. Più probabile il primo.  Mentre in su va solo chi paga.

Premesso che noi siamo messi peggio del Regno Unito,  perché il sistema sanitario di sua maestà soffre sì come noi per i medici di base, non però per i vuoti di personale negli ospedali, da noi causati da una totale assenza di dialogo tra SSN e Università e quindi di programmazione, non resta da chiedersi che fare. Risposta: un piano d'emergenza nei prossimi 2-4 anni per salvare il SSN. “Per fermare la deriva”. E poi un altro più a lungo termine che affronti tutte le tematiche: dalla rete ospedaliera alle cure primarie. Se no l’autonomia differenziata in probabile arrivo, ha sentenziato l'ex-presidente dell'Emilia Romagna, gli darà il "colpo decisivo".

giovedì 19 gennaio 2023

IL DOCUFILM IL POSTO SOSPESO DI MANUEL ZANI SU MONTETIFFI, VISTO AL VICTOR DI CESENA, CI INDUCE A RIFLETTERE SU LOCALITÀ APPENNINICHE CARICHE DI POESIA E DI UMANITÁ CHE LA PANDEMIA E LO SMART WORKING HANNO RIPORTATO, PER UN PO', ALL'ATTENZIONE, MA TRASCURA IL PROBLEMA DEL LORO FUTURO CHE NON PUÓ ESSERE AFFIDATO SOLO A SCELTE INDIVIDUALI. NECESSITA DI UN PROGETTO TERRITORIALE CONDIVISO E PARTECIPATO SE NO SONO SOLO FUGA, MORTE, MEMORIA FINE A SE STESSA E NOBILE RESILIENZA. SE NON CONFLITTI.

Manuel Zani, Il posto sospeso, 2021

Il docu-film Il posto sospeso di Manuel Zani, proposto dal Victor di San Vittore, Cesena, il 16 gennaio, ha il merito di portare al centro dell'attenzione, con sapienza cinematografica e fotografica, e autenticità dei protagonisti, un luogo periferico: Montetiffi, Valleuso, colline profonde della Romagna alle spalle di Santarcangelo di Romagna; quanto a noi, ci induce a due riflessioni e ad una indicazione per il futuro di queste località precipitate demograficamente.

La prima riflessione, come suggerito dal filmato e poi dal dibattito successivo, è che posti lontani dalle grandi e medie arterie di comunicazione possono diventare perfetti per chiunque intenda legare ad uno di essi la propria vita. Tanto in nome di un'esistenza diversamente umana, quanto per un'ispirazione quale che sia magari collegata in qualche modo al genius loci: riguardo a Montetiffi alla poesia, in quanto il borgo fu culla del poeta Venanzio Reali, alla libertà in quanto, come osserva il più giovane degli attori del lungometraggio, tutti locali ovviamente, in mezz’ora da lì vai dove vuoi” (nel suo caso con l’Ape Piaggio), all'artigianato con le celebri teglie di Montetiffi realizzate con l'argilla dei dintorni. Altro ancora potrà arrivare o già c'è: largo alla fantasia.

Questo stesso individualismo esistenziale, però, non necessariamente produce aggregazione. Può al contrario favorire conflitti come, per esempio, nel non lontano centro di Monteleone, Roncofreddo, dove nobilissime e lecite istanze contrapposte hanno prodotto disgregazione e scontri all’interno di una comunità altrettante sparuta. Ed eccoci di conseguenza all’indicazione, che il film non suggerisce e invece dovrebbe.

Il destino di questi luoghi di grande valenza storica, fascino paesaggistico e umanità basic, oggi, sta solo nella possibilità di essere parte di un progetto territoriale più ampio: per meglio dire dentro la fucina di una identità nuova nutrita dalla partecipazione e dalla condivisione di comuni obbiettivi con realtà limitrofe. Obbiettivi di sviluppo sostenibile, naturalmente. Non certo solo dai contributi regionali per ristrutturare casa in collina o, peggio, dal momento che Montetiffi fa parte del Comune di Sogliano al Rubicone, dagli introiti di una discarica, quella di un altrettanto suggestiva località a pochi km di distanza devastata, come un po' tutta la valle dell'Uso, dagli affsri dei rifiuti.



 

sabato 7 gennaio 2023

PER IL FUTURO DEL FORO ANNONARIO DI CESENA SI RICHIEDE UNA SCELTA CORAGGIOSA, UNIVOCA, NON MEZZE MISURE, SOLUZIONI IBRIDE. SI GUARDI A BOLOGNA E ALL'ESEMPIO DEL QUATTROCENTESCO EDIFICIO EX MONTE DI PIETÁ IN VIA INDIPENDENZA

Ex Monte di Pietà, Bologna

Il Foro Annonario di Cesena, in Piazza del Popolo, è ancora nella tempesta per la sua scarsa fortuna di pubblico a causa di un progetto sbagliato di più di dieci anni fa, ma, siccome indietro non si torna, meglio andare avanti ed un percorso da imitare potrebbe essere quello del quattrocentesco ex Monte di Pietà a Bologna, in via Indipendenza, attuale sede di un Conad Sapori e dintorni che venerdì 6 gennaio 2023 scoppiava di gente.

Ovviamente, diversamente dal Foro cesenate, non gli hanno cambiato nella sostanza la fisionomia interna. Inoltre il soffitto a lucernario (era un chiostro l'attuale spazio sfruttato) lo avvicina ad altre soluzioni di successo simili con quel tanto di atmosfera gradevole e calore che questo genere di modifica consente. La luce in un edificio è importante quanto lo sguardo in un individuo e da questo punto di vista il Foro annonario è stato accecato, ma non è impossibile rimediare in qualche modo a questo difetto che non è un dettaglio.

Soprattutto però urge una scelta radicale. Mettendo da parte ipocrisie e mezze misure si consenta a Conad di sparare tutta la potenza di fuoco della sua offerta costituita dal mix di ristorante e market di qualità sul modello di Eataly. Come, appunto, a Bologna. Magari salvando quel pochissimo che finora non è fallito. 

La soluzione ibrida, un po' di tutto, market, esercizi autonomi, uffici comunali,  sperando in chissà quali miracolose sinergie, che ancora mi pare si sta auspicando, condanna questo luogo alla attuale sopravvivenza asfittica.