Giovedì 7 luglio Daniele Gualdi, docente, assessore alla cultura cesenate, ex-presidente di Ert (Bonci), attuale presidente di Riccione Teatro e massimo ispiratore della stagione più viva del Centro Cinema S. Biagio di Cesena, presenterà il suo libro Che belli erano i film. I miei anni al San Biagio, Ponte Vecchio, che narra il fermento cesenate per il cinema e intorno al cinema, di cui egli fu interprete tra il 2002 e il 2011, ma che oggi è ormai storia morta e sepolta. Ebbene, speriamo che l’appuntamento offra anche l’occasione per rispondere a qualche domanda. Che cosa è rimasto a Cesena di quella stagione? Che cosa si prospetta per il futuro oltre all’attuale presente all’insegna di una nebbia felliniana?
Il complesso del S. Biagio, in via Aldini, Cesena, presso le mura del centro storico, è un ex convento di proprietà di un ente assistenziale, i cui spazi sono stati in parte assorbiti dall’amministrazione comunale, rosicchiando in affitto metri quadrati agli appartamenti dell’ente che si andavano via via liberando. Per metterci molte cose: l’assessorato, sedi di scuole e associazioni, teatri, una pinacoteca cittadina e, in particolare, il Centro Cinema cesenate. Che però oggi sta alla Biblioteca Malatestiana, non più in via Aldini. Il S. Biagio non esiste più.
Nel tempo le quasi duecentomila foto di scena alimentate da donazioni e dal concorso CliCiak che stavano al S.Biagio sono andate a rimpolpare il patrimonio fotografico della biblioteca. Smisurato al punto che, in una chiacchierata ormai lontana, estate 2019, l’assessore alla cultura Carlo Verona appena insediato esibiva per noi una visione senza poi seguito. “Vorrei -recitava- far crescere il patrimonio perché la fotografia caratterizzasse Cesena diventando un elemento distintivo, per esempio, rispetto a Rimini e Ravenna”, ma torniamo al trasloco....
Sempre alla Malatestiana sono stati già da tempo ricavati gli spazi destinati alla didattica cinematografica, al cui servizio probabilmente opererà proprio la sala da 49 posti inaugurata quest’anno; mentre la videoteca sta già lì da quel 14 dicembre 2013 in cui l'istituzione pluricentenaria riaprì al pubblico tutta nuova, benché solo in parte. E addirittura, a seguito di un accordo che a Cesena costava diverse decine di migliaia di euro l’anno, dal 2015 al 2021 la regia stessa del Centro Cinema è andata altrove: alla Cineteca di Bologna. Strappando parole di fuoco per l’“errore gravissimo” all'ex-assessore Roberto Casalini. Il Centro Cinema, come ebbe a sottolineare, era “il primo istituto costruito a Cesena dopo la scuola di musica del Corelli, che è di due secoli prima”. Il mitico assessore lo volle per “acculturare la città sulla settima arte ed apprezzarne i prodotti in modo critico“.
L’atto finale del trasloco è da commedia delle parti e si svolge in piena pandemia. Il gestore delle due sale di via Aldini, Cineforum Image, finita la sua stagione partita nel maggio 2011, si sarebbe portato via i proiettori digitali (secondo il Comune). Nient’affatto (secondo Cineforum) essendo l’attrezzatura da essi stessi acquistata al costo di 120 mila euro. Poi, come in ogni commedia, a quanto pare i due hanno fatto pace e oggi tutto tace in via Aldini e il nome S. Biagio ritorna solo per l’arena estiva che col S. Biagio non c’entra nulla: né riguardo all’organizzazione né al luogo. Chiuso il sipario...
Che però per qualche cesenate non è l'epilogo di una commedia. É pura tragedia. “Quelli come noi che hanno lavorato nella cultura –ci recitava tre anni fa un decano come Franco Bazzocchi che con Gualdi lavorò spalla a spalla negli anni ruggenti- si sentono delusi e scoraggiati. Si tratta solo di capire se si può tornare indietro e recuperare tutto un patrimonio di idee e contenuti”. Sociologo, dall’’81 nei ranghi del Comune, dal decennio ‘90 Bazzocchi è caposervizio della cultura, carica che copre appunto nella stagione di Gualdi. Che Bazzocchi, e non solo, ricorda con "un ego fortissimo, anche da contenere, ma che noi sfruttavamo per la sua forza in incontri con registi e attori assediati letteralmente fino allo sfinimento per farli venire a Cesena”.
Che però tra il 2011 e il 2017 declina prima di tutto a causa dell’impoverimento delle risorse umane che imprimevano vita all’istituzione, privandola quindi di competenze preziose.
Angela Gorini, classe 1972, laurea al Dams di Bologna, un vero bolide in materia di eventi culturali, arte, foto e cinema è una di queste. Attiva nei ranghi del Centro Cinema per nove anni, per via Aldini “la sua defenestrazione –rimarca chi l’istituzione la conosce bene- fu un fatto mortale perché era intrinseca al meccanismo per le sue conoscenze di fotografi, fondi, archivi...”.
La vittima pubblicherà pure una veemente invettiva per lo scorno subito. “Si spazza via un lavoro fatto con coscienza e professionalità - tuonava tra l’altro- che ha conquistato la fiducia dei professionisti del settore che si sono avvicinati, affezionandosi al Centro Cinema, riconoscendo la qualità delle sue attività e modalità organizzative”.
Risposta (in sintesi, sulla base di interventi sul tema) del sindaco Enzo Lattuca e del suo assessore alla cultura Carlo Verona: la proposta cinematografica cesenate nella sostanza non ha perso nulla, perché col progetto di Cesena Cinema (che era il titolo del nuovo corso del cartellone cittadino di film targato Cineteca di Bologna) sono state avviate iniziative di formazione di cittadini, studenti e prof, e si sono coinvolte tutte le sale cesenati in una programmazione settimanale di proiezioni includenti pure rassegne e partecipazioni di registi e attori ed esperti (come Gualdi), in particolare alla Multisala Eliseo e, siatene certi, quanto prima pure al S. Biagio. Che dopo un restauro, previo placet della Sovrintendenza, risorgerà dalle sue ceneri come sala, come si diceva una volta, d’essai. Per partecipare insieme agli altri all’offerta.
Già, ma è credibile? Le sale cittadine non sono già abbastanza vuote in occasione di ogni genere di proiezione senza che entri in lizza pure il comune con le sue? Non sarà invece che il Centro Cinema S. Biagio di Cesena è semplicemente defunto. Un cinemicidio come tanti, dopotutto. Forse addirittura una necessaria eutanasia. E tanta nostalgia. Ma guai a dirlo chiaro.
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