Perché se Cesena è prima della classe per trovare i soldi pubblici e/o privati per restaurare, rimettere in sesto o rinnovare edifici storici, incespica invece sul che cosa farne. Finora niente di azzeccato al 100% come per esempio il Museo Fellini a Rimini. Flop e critiche quasi sempre. Come nel caso, tanto per non prendersela sempre col Comune, della chiesa settecentesca di Sant’Agostino. Danneggiata nel 2003 dal terremoto, restaurata con oltre tre milioni statali soprattutto come spazio culturale, è di fatto inutilizzabile per buona parte dell’anno a causa di un grave limite nel sistema di riscaldamento.
Frutto invece di project financing è il buco nero del Foro Annonario, cioè il Mercato coperto di Piazza del popolo. In passato spazio aperto circondato da colonne, poi coperto dalla metà dell’800, oggi paga un inefficiente metamorfosi architettonica. Tanto che proprio in questi giorni la società, che avrebbe dovuto tenerselo fino al 2057, lo restituisce in parte e anzitempo al Comune. Al prezzo di 1,5 milioni. Soldi pubblici.
E quanto alla Biblioteca Malatestiana è sì oggi aperta ai più disparati utenti dopo un ventennio di lavori e circa 12 milioni, ma chi ne criticò la metamorfosi, in particolare lo storico Claudio Riva, ancora scuote il capo. Continuano a farne le spese, osserva lo studioso, le decine di migliaia di documenti storici rappresentati da libri, stampe, pubblicazioni periodiche, le note foto di scena che erano al Centro Cinema S. Biagio, inglobato nella biblioteca e sostanzialmente sparito, i fondi di grandi cesenati che non smettono di approdare alla Malatestiana, ma che non forniscono più materia per iniziative organizzate da direttori registi dell’istituzione. Stanno lì, al piano zero, per nulla o poco valorizzati.
Casa Bufalini, infine, la casa natale (1787) di Maurizio Bufalini, medico innovatore tanto come clinico quanto come docente morto a Firenze nel 1875, non solo è stata ristrutturata al prezzo di tre milioni (2016) come appartamento e non come edificio settecentesco. Ma anche, lamenta Daniele Vaienti, presidente dell’Università della Terza Età, non è diventata la prima, vera casa della memoria cesenate (quella di Renato Serra ha solo la divisa militare dell’intellettuale morto nel '15-'18) grazie al trasferimento nei suoi 450 mq del fondo di 9000 testi del ‘700-‘800 che Bufalini donò con quelli del padre, medico anch’egli, alla Malatestiana e il Comune di Cesena accolse con gratitudine e stendardi per le vie. Per non farne nulla.
“Si tratta credo del principale fondo medico-scientifico italiano che sia mai stato consegnato ad una biblioteca pubblica” spiega Vaienti. ”Quei libri andavano riportati a casa loro, a casa Bufalini. Trasformata in centro di studi a livello scientifico di medicina storica, naturalmente dopo avere eseguito un restauro scientifico dell'edificio”. Che oggi è un attivo “di tutto un po’”.
Sarà invece il quartiere Fiorenzuola col Palazzaccio a regalare a Cesena qualcosa, al tempo stesso, di respiro universale ma anche identitario? Non snaturato e, soprattutto, di successo? Qualche premessa c’è. Un’idea chiara e adatta all’edificio, prima di tutto. Dei tre piani i primi due andrebbero uno ai moti patriottici del 1831-2, che coinvolsero anche le terre dello Stato della Chiesa, quindi anche Cesena e il Palazzaccio, l’altro alla storia del Risorgimento. Il terzo sarebbe invece occupato dal tema del cambiamento climatico al servizio, prima di tutto, delle vicine scuole superiori.
Altro fausto dettaglio: tutti i partiti, da Cesena 24 alla Lega e al Pd stesso fino a Cesenasiamonoi, che si sono avvicendati nella saletta di WellDone in piazza della libertà col gruppo che vuole il recupero guidato Cesare Benedetti, ex-cuoco con una indomita passione per la storia, hanno apprezzato la circostanza che tutto, idea e battaglia, sia partito dal basso. Basso, intendiamoci, ma colto e competente. Un modo che in passato male probabilmente non avrebbe fatto.