PARTITA LA
RASSEGNA CULTURALE DEL SEVEN SPORTING CLUB A SAVIGNANO SUL RUBICONE ORGANIZZATA
DA CHRISTIAN BRIGLIADORI. A COLLOQUIO CON UN PROMOTORE CULTURALE ROMAGNOLO CHE AMA LA DISCUSSIONE. ANCHE SU TEMI SCOMODI E DIVISIVI
by Giuseppe Fabbri
by Giuseppe Fabbri
Educazione
all’aperto come antidoto migliore contro la scuola e contro le malattie lo
stress e l’ansia, e poi pratica sportiva multidisciplinare, apprendimento a far
da soli, desiderio legittimo di nascondersi (anche dai genitori) e ritorno alla
pratica delle piccole responsabilizzazioni di una volta. Infine, sottolineatura
della comune radice di emozione e movimento. Comincia con questi argomenti
la serie di iniziative culturali del Seven Sporting Club intitolata Cammini e organizzata
da Christian Brigliadori che del complesso sportivo savignanese è da circa tre
anni direttore tecnico e coordinatore di tutte le attività. In cattedra venerdì
22 novembre nella sala Vendemini Roberto Farnè, che è, tra l’altro, professore
ordinario di scienze per la qualità della vita e coordinatore del corso di
laurea magistrale in Wellness cultures: sport, earth and tour a Bologna.
Diploma di
geometra, educatore dei centri estivi, ex-odiatore (“nel profondo”) della
scuola, il quarantunenne Brigliadori è un folgorato sulla via della cultura. “Organizzo
da quattro anni rassegne culturali con persone da tutt’Italia”. Cultura a 360°.
Sport compreso. Riguardo a cui nutre una visione quanto mai democratica. “Se ti
iscrivi ad uno sport –osserva- ti dicono che il bambino è centrale, ma poi al
99% si dividono i bravi dai meno bravi. Immagina quindi i disabili. Quando
invece la psicologia sportiva dice che più il gruppo è diversificato meglio è”.
Anzi, come recita lo psicologo dello sport Mirko Mazzoli, “più il gruppo è eterogeneo
più cresce il talento. Noi quindi siamo aperti ai disabili senza se e senza ma
e se ho un down lo inerisco con gli altri punto”. Utopista, quindi, Brigliadori.
Ama, però, i fatti: punta addirittura a certificare questa teoria imperniata su
sport e inclusione, perché “vogliamo capire se quello che vediamo è
scientificamente provato, perché se è così è come avere un bazooka in mano per
cambiare le persone”.
È anche un
miracolato, Brigliadori. Contestatore, diffamato, infine miracolosamente
(“ancora la cosa mi stupisce”) approdato alla governance della struttura
sportiva lustro di Savignano sul Rubicone (città dello sport nel 2012). “Cinque
anni fa feci casino sullo sport mettendo il dito nella piaga sul sistema
dell’assegnazione delle strutture e sui bandi relativi. E prima fui fermato da
un carabiniere che, presomi da parte, mi rivelò di una presunta indagine su di
me. Robacce indicibili che avrei fatto. Poi feci le mie indagini ben sostenuto
da un ottimo avvocato, scoprendo che le maldicenze provenivano tutte da
interessi molto concreti e, di conseguenza, procedendo con diffide a tappeto,
facendo chiamare a testimoniare uno ad uno gli interessati e lasciando infine
cadere la querela solo per pietà”, ma torniamo alla cultura, allo sport...
Brigliadori predilige
“eventi (mix di testimonianze, musica, letture, filmati ed altro, NdR), che
abbiano un impatto di contaminazione culturale”. Perché “bisogna ascoltare chi
è diverso da te”. Obbiettivo: far riflettere, scattare domande. Al centro
quindi personaggi contemporanei controversi. Il no vax Dario Miedico (“io sono
un free vax e i miei figli sono vaccinati”). Vorrebbe a Savignano anche Mimmo
Lucano, l’ex-sindaco di Riace che coi migranti ha risollevato un paese morto. E
Marco Cappato, attivista radicale sul tema del fine-vita. Li tallona da tempo,
pur respirando intorno a sé, sui due temi, mugugni vari.
Nel maggio
2017 ha portato in Romagna Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, per il cui
evento ha intervistato a Palermo Nino Di Matteo, il giudice della trattativa
Stato-Mafia. “I romagnoli dove sono?” è la frase con cui ricorda il giudice uscire
dall’ufficio dopo una tregenda di controlli e contro-controlli prima di
procedere all’intervista con la telecamera nella piazza della memoria della
capitale palermitana sgomberata, bonificata, i carabinieri coi mitra puntati,
il giudice che arriva con la scorta dopo un’ora. Esperienza pazzesca. D’altra
parte, osserva, “per me la cultura è un modo per dare colore diverso alla
propria esistenza e un modo per evolversi. Come opero? Aspetto, ascolto e,
quando sento qualcosa, parto”. Aggiungasi anche che, laddove fiuta pregiudizi e
censura, lì va. “Cerco di dare parola a tutti per arricchirmi e far parlare chi
ha meno spazio”.
Aderisce alla teoria
della pedagogia della lumaca di Gianfranco Zavalloni. “Rallentare non è perdere
tempo e nell’iper-agonismo il bambino impara la furbizia non l’attenzione.
Tant’è vero che da adolescenti abbandonano: alle prime difficoltà mollano.
Cresciuti solo alla competizione poi non reggono”. Ma in particolare, del celebre volume di Zavalloni, invita a leggere “le prime pagine con i personaggi del nostro territorio che hanno fatto cultura secondo quella linea con sforzi sovrumani”; e a sentire le sue lamentele (anche nella serata di venerdì 22 tutta dedicata ai bambini e al divertimento) sulla fatica che la sua mission gli costa… si tratta senza dubbio di una schiera a cui si sente molto vicino.