domenica 21 luglio 2019

LATTUCA SCOPRE IL LEGAME AMBIENTE-SALUTE. BONACCINI SI AFFIDA ALLA PROPAGANDA SOLITA

Bravo il neo-sindaco cesenate Enzo Lattuca. Alla serata dedicata dalla Festa del Partito Democratico sulla Green Economy, ha parlato di prevenzione, finalmente, come azione imprescindibile per la tutela della salute, ed ha anche accennato alla stretta interconnessione tra salute e ambiente. Concetti non certo inediti, ormai comprovati da sicure evidenze scientifiche, ma che in mostruoso ritardo sui tempi la nostra classe dirigente non ha fino ad ora fatto propri. È stato un piccolo segnale, ma speriamo non rimanga a livello di enunciato. Si traduca invece in azioni finalizzate alla rimozione dei fattori ambientali e sociali correlati a malattie: quelle malattie che la stessa OMS collega ad esposizioni ambientali nocive, ma prevenibili con opportuni interventi.

Peccato che invece il governatore dell’Emilia Romagna, gran mattatore della serata, s'è calato nel solito veemente panegirico di autoincensamento. Nella foga dell’esaltazione della nostra regione e dei meriti dei suoi governanti, e dei tanti risultati raggiunti, dei primati sfoderati a ritmo incalzante. Evidente la volontà, anche in questa occasione, di differenziare l’Emilia Romagna da tutte le altre regioni, piuttosto che costruire un pacato e produttivo confronto con altri territori, magari per imparare qualcosa.

Gli stessi toni da invettiva erano pericolosamente più simili agli afflati separatisti della presunta controparte politica piuttosto che agli ideali ed ai principi democratici della propria area di appartenenza.

Con tutto questo, il nostro governatore, pur riconoscendo che in ambito ambientale, in particolare riguardo al consumo di suolo, ben poco si è fatto, ha strategicamente evitato di addentrarsi nel tema delle ricadute sui cittadini, e sui rischi in gran parte già consumati, in termini di salute. Col risultato di limitarsi al frustro concetto dell’allungamento della vita (che tra l’altro in questi ultimi anni appare dubbio), per affermare che questa è la terra del buon vivere. Dimenticando l’incidenza delle patologie, in particolar modo degenerative, nei nostri territori purtroppo elevatissima. L’aumento esponenziale delle disabilità e della cronicità, a cui non ha fatto riscontro negli anni l’adeguamento dei Servizi sociali e sanitari. Che anzi hanno registrato una contrazione: con la mancanza di soluzioni residenziali, con l’ormai residuale assistenza domiciliare, con la limitazione dei posti letto, con la lentissima, lacunosa implementazione dei Servizi di prossimità territoriale, ed il cronico superaffollamento, e relative attese estenuanti, dei Pronto Soccorso.

Problematiche che sempre più gravano sui cittadini-pazienti e sui loro famigliari, soprattutto a basso reddito. Per non parlare dei tempi di attesa per una visita specialistica o esame diagnostico, che non sono affatto "abbattuti”. Anzi permangono scandalose performance come la seguente: per una densitometria ossea al Bufalini di Cesena il primo appuntamento possibile è al 28  settembre del 2021.

Sarà un caso che la nostra regione è seconda solo alla Lombardia per ricorso alla sanità privata?

Quanto al campo sociale è sconfortante constatare come la nostra regione sia ai primi posti nelle classifiche negative. Malattie psichiatriche, tassi di suicidio, dipendenze da alcool e sostanze psicotrope, ludopatie, povertà estreme e disgregazione familiari. Oltre agli altissimi livelli di incidentalità stradale ed alle problematiche connesse al mondo del lavoro. Siamo davvero sicuri che l’Emilia-Romagna è un’isola felice come sostiene Bonaccini?


Strategicamente, raramente sono trattati questi problemi nella comunicazione pubblica e di fronte alle innegabili questioni che si presentano. Anzi, l’atteggiamento è sempre di chi scopre le magagne per la prima volta. Mai un placido assumersene la responsabilità. Le cause son sempre esterne o dovute alla crisi, calata senza preavviso e per motivi indipendenti, ci mancherebbe, dall’operato di chi governa da decenni la regione con un controllo pervasivo che invade ogni angolo amministrativo di primo, secondo e terzo livello. E, inutile dirlo, all’avvicinarsi di ogni tornata elettorale  nelle dichiarazioni di rito si profonde in impegni ad avviare profondi cambiamenti. Assolutamente immemori però del pregresso rappresentato da scelte sbagliate, ostinatamente sbagliate, nonostante avvisaglie e avvertimenti dal basso. Sempre miracolosamente vergini.

lunedì 15 luglio 2019

BONACCINI TRA EMILIA-ROMAGNA PRIDE E LEGHISMO

Lo Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna ascoltato il 10 luglio alla festa del partito democratico di Cesena sul tema dell'economia green per la sua regione e, inevitabilmente, anche su quello dell’autonomia differenziata, aveva per molti aspetti le sembianze dei due compagni di viaggio che l’Emilia-Romagna si è scelto su questo secondo tema: i leghisti Zaia e Fontana, presidenti di Veneto e Lombardia, massimi esponenti regionali di un partito illiberale, razzista, antimoderno, condannato per la sottrazione di ben 49 milioni di soldi pubblici e che sta isolando il paese come non mai.

Certo, ha disegnato l’imbarazzante circostanza agli occhi del suo popolo plaudente puntualizzando che l’autonomia differenziata della via Emilia sarà buona, perché nei limiti giusti. Nessun intento di sottrarre risorse finanziarie alle regioni meno ricche e, per quanto riguarda l'istruzione, di creare i presupposti per una scuola regionale come invece, parrebbe, i due compari di squadra. Ma a parte l’impressione che questi Pd siano proprio dei camaleonti. Hanno ampliato l’autonomia regionale nel 2001, erano per le macroregioni successivamente, hanno virato in seguito in una stretta centralistica con il bocciato referendum Costituzionale renziano, infine approdano con l’Emilia Romagna di Bonaccini alla rivendicazione di una autonomia differenziata insieme al leghismo di lotta e di governo e attraverso una trattativa con Salvini da qualche critico definita segreta, semiclandestina, comunque avulsa da un serio, ampio, aperto e democratico dibattito (come invece per il referendum renziano).
A parte, appunto, questa, chiamiamola così, liquidità politica nella quale ci si smarrisce un po’, c’è il problema che nella serata del 10 luglio a Cesena il presidente dell’Emilia-Romagna, mentre sfoggiava con una potenza oratoria ammirevole i vari primati e riconoscimenti internazionali della regione da lui amministrata, dalla consulenza ai cinesi sull'aria pulita all'agenzia europea del clima trasferita a Bologna, dai soldi europei spesi tutti alla disoccupazione regionale al 5,6%, teneva al contempo sotto traccia i temi identitari di un “democratico” e ne sollevava invece altri più a misura di pancia di un elettorato regionale che, e qui non possiamo dargli torto, per quanti meriti presunti o reali Bonaccini & Co. rivendichino, l’anno prossimo potrebbe passare comunque in maggioranza col nemico. L’ha ammesso il governatore stesso. Più di una volta. “Si potrebbe anche perdere: le cose non stanno andando come noi vorremmo…”
Infatti gli applausi strappati, quelli cioè non di rito, sono esplosi, per quanto non fragorosi, in due sole occasioni: quelle in cui il governatore ha scatenato l’orgoglio emiliano-romagnolo tingendolo, purtroppo, di regionalismo stizzoso ed egoistico. Quando cioè ha detto no hai rifiuti romani di Virginia Raggi, per la ragione che quando l’Emilia Romagna in passato li ha accolti da altre regioni e per altre emergenze invece che gratitudine ha ricevuto critiche. Ci si poteva aspettare, insomma, un ragionare meno scimmiottante questa nuova genia di leader sempre alla ricerca di nemici e divisioni.
L’altra circostanza di sublime abbraccio con la sua gente è stata quando il presidente ha sparato l’idea di proporre all’Europa di redistribuire tra le regioni virtuose i soldi che quelle non virtuose non spendono. Qualche democratico della vecchia guardia, forse, avrà cercato di non credere alle proprie orecchie.
Non una parola, invece, a parte un fugace richiamo alla solidarietà, sul tema dell’immigrazione, che è nazionale ed europeo, certo, ma se orgoglio emiliano romagnolo deve essere, perché non rivendicare anche una virtuosa gestione del problema da parte della regione compresa l’implementazione del sistema degli Sprar del democratico ministro degli interni Minniti? Il tema forse non faceva audience? Paura di rovinare l’idillio?

Poi, certo, può essere vero che nell'ambito dell’autonomia differenziata dell'istruzione il PD emiliano romagnolo desidera solo una maggiore mano libera in ambito programmatorio del personale e dei titoli. “Decidere a livello regionale il fabbisogno dei docenti e anche armonizzare proficuamente titoli e posti di lavoro” sono in sintesi le due richieste emiliano romagnole. Tuttavia la differenza spaventosa di istruzione di base tra Nord e Sud del paese che i dati Invalsi rivelano proprio in questi giorni (e crediamo che Bonaccini ne fosse al corrente) appare talmente allarmante da aspettarsi legittimamente la capacità di vedere un po' più in là del suo orto da parte di una figura di punta del Partito Democratico, per quanto di rango regionale. Anche perché presumibilmente è proprio il suo partito il primo a far le spese politiche della voragine delle competenze funzionali della popolazione.

Ci si aspetterebbe invece che il Pd sollevasse ad un livello di trasparenza e discussione democratica il dibattito sulle ulteriori rivendicazioni di autonomia regionali e sulle trattative in corso con il governo, questo governo, condotte dall’Emilia Romagna in compagnia dell’estremismo leghista. I rimproveri da parte di figure autorevoli rispetto ai modi e alla sostanza dell’operazione (che riguarda la configurazione dello stato italiano) non mancano. La triade sindacale è contraria. Gli analisti del Roars (Return on Academic Research) scrivono addirittura che si attuerebbe una “frantumazione, sostanzialmente irreversibile, delle strutture materiali ed immateriali alla base della collettività e dell’identità nazionale”. Esagerano? Discutiamone, almeno.
Giuseppe Fabbri