venerdì 20 dicembre 2019

SCRITTRICE, BLOGGER E ATTIVISTA FAENTINA PER L'AMBIENTE, LINDA MAGGIORI SVETTA IN UNA ROMAGNA QUA E LÁ IPOCRITA SULLA SOSTENIBILIITÁ E SPESSO ADDIRITTURA INCOERENTE NELLE DECISIONI CONCRETE IN UN PANORAMA POLITICO E ASSOCIAZIONISTICO VERDE CHE NON SPICCA. LE SUE BATTAGLIE DISTURBANO E A VOLTE DIVIDONO MA A NOI DI RUMAGNACUMCLAJÈ PIACE

by giuseppe fabbri


Il libro che raccoglie in sintesi il suo credo s’intitola Impatto zero (Dissensi, 2017) e davvero Linda Maggiori ci prova a dimostrarti che non è utopia rendere la nostra umana esistenza individuale sostenibile al 100%, consigliandoti e suggerendoti come. Ma Linda, oltre che scrittrice con lo stato di salute della Terra al centro delle sue opere, è anche una militante ambientalista: militante del terzo millennio, dell’età di Gretha e delle Cop dall’alternante successo nel convincere i potenti a cambiare rotta per impedire alla temperatura del pianeta di superare quel 1,5° in più che già parecchi guai climatici sta producendo, e che comunque sarà superato con conseguenze imprevedibili. E non perde occasione per combattere sui temi che più le stanno a cuore. Con tutte le conseguenze del caso. Feroci critiche in primis. E poi è giovane, donna, pluri-madre, educatrice; e in un quadro generale che vede il partito italiano dei Verdi faticosamente impegnato a risorgere e, in particolare in Emilia Romagna, l’associazionismo storico, dal WWF a Legambiente, vitale a macchie di leopardo e spesso sonnacchioso o incapsulato nell’establishment, si distingue tremendamente. Risalta come in pole position. A Faenza, dove vive e massimamente milita, prima di tutto.
Come vive e opera a Faenza un’ambientalista militante? Hai alleati?
Ho dalla mia parte gli amici di Legambiente, più anziani di me, che comunque si occupano delle questioni che più a loro premono. Il consumo del suolo, i rifiuti… e meno di altre su cui io sono più impegnata come la mobilità sostenibile.
Quindi Legambiente di Faenza non è come appare quella cesenate, cioè poco indipendente?
Se mai sono più vicini ad Altra Faenza: a sinistra ma non il Pd. Ripeto, non sono esattamente dei giovanotti, ma sulle questioni che a loro più premono sono strong…
Solo Legambiente ti segue?
No, c’è poi la Fiab, soprattutto i ciclisti urbani, perché agli altri, i ciclisti sportivi, l’ambiente non interessa. Sono più giovani e molto attivi. Più che altrove. Per esempio a Ravenna. E mi stanno aiutando moltissimo. Poi anche gli amici del Gas (Gruppo Acquisto Solidale, NdR). Finisce lì, però, se togli i ragazzi di Friday for future coi quali ho collaborato per l’organizzazione dei loro scioperi. Forse, a occhio, a Forlì la situazione, anche tra i giovani attivisti, è più vivace. Qui a Faenza anche ai convegni o ai dibattiti su questioni ambientali partecipano in pochi, massimo una ventina per volta. Mi pare che prevalga una mentalità più chiusa, forse provinciale… e si fa più fatica a portare avanti istanze ambientali a meno che non siano ben circoscritte dentro il politically correct. Se esci da quei confini diventi facilmente una persona che non si sopporta. Credo per esempio di essermi conquistata questa fama con la mia battaglia contro il traffico davanti alle scuole…
Che cosa chiedevate di così antagonistico?
Chiudere al traffico le strade in coincidenza degli istituti, ma è stato come spostare le montagne. Anche quando alle elementari dei miei figli, di cui sono stata consigliere d’istituto (fatta fuori) abbiamo ottenuto di chiudere al traffico mezz’ora davanti alla scuola avevo tutti contro. Perfino gli amici ambientalisti erano tiepidi. Parlando in generale sono accusata di ricorrere a metodi e linguaggi violenti per esempio per la mia vicinanza al movimento di Extinction rebellion, che, attenzione, sono pacifici, non violenti, ma agiscono con atti di disobbedienza civile come sit-in o altro. Per esempio, per contrastare l’uso, anche scorretto, cioè invadendo la pista ciclabile presso le scuole, dell’automobile a settembre-ottobre abbiamo messo, come Fiab Faenza, le bici in fila lungo il bordo della ciclabile. Gli automobilisti si sono incavolati perché non potevano parcheggiare come al solito e neanche spostare le bici perché noi eravamo lì presenti. L’hanno fatto anche in altre città. D’altra parte se non muovi le acque, facendo magari venire i giornalisti…
Risultati?
La promessa che faranno i cordoli
A parte questi gesti di disturbo alla Greepeace, come agisce un’ambientalista d’oggi a livello locale? Illustra per cortesia un vademecum dell’ambientalista ai tempi di Gretha?
A livello locale si lavora con i comunicati stampa e con le richieste di incontri con gli assessori o il sindaco. Raccogliamo petizioni: per esempio con change.org abbiamo raccolto 10 mila firme per ottenere i treni regionali gratis fino ai quindici anni come in Lombardia. Adesso hai solo la riduzione fino ai dodici.
Risultato?
Niente… ho parlato recentemente anche con l’assessore trasporti Emilia Romagna…
Poi, che fate?
Post su Facebook che vengono sempre letti da chi conta. Per esempio quando l’amministrazione ci è parsa che stesse retrocedendo sulle ZTL sono uscita con un post e subito l’assessore, anche se non compariva che l’avesse letto, si è messo in contatto con me per spiegarmi che avevo capito male e altro ancora, che io traduco così: fino al 26 gennaio 2020, cioè alle elezioni regionali in Emilia Romagna, e poi a maggio alle amministrative, non s’ha da muovere foglia…
A proposito, ho visto che hai dovuto difenderti da qualche critica per la decisione dei Verdi, e tua come candidata, di convergere col Pd di Bonaccini…
Con una lista autonoma ci saremmo presi il 5% togliendoli al Partito Democratico e facendo andar su la Lega. Abbiamo scelto quello che ci sembrava il meno peggio.
Questo però non vi imbavaglia?
Come Verdi abbiamo bloccato il Prit (Piano Regionale Integrato dei Trasporti, NdR) in attesa della nuova giunta. E insieme a Extincion rebellion la settimana scorsa ho partecipato ad una critical mass contro l’allargamento della tangenziale di mezzo a Bologna la cui approvazione però è molto avanti. Gli stessi Cinque Stelle sono sembrati, all’epoca del ministro Toninelli, accettarlo. Abbiamo bloccato la tangenziale, è arrivata la Digos, il Pd non era molto contento. Certo, se ti metti in coalizione portandoti dietro un programma elettorale alto e poi voti per l’ennesima autostrada allora sì che ti svendi.
Come descrivi l’identikit dell’ambientalista d’oggi?
Prima di tutto deve essere coerente e vivere col minore impatto ambientale possibile. Quindi deve agire politicamente. E cercare di contaminare altri modi di pensare. Infine deve essere concreto e cercare di cambiare le cose a livello alto pur tenendosi libero rispetto alla politica nel senso dei partiti: deve fare da pungolo e controllo rispetto alle amministrazioni. E poi un’ultima cosa.
Prego
Quando ti accorgi che le leggi sono ingiuste io sono d’accordo con la disubbidienza civile e azioni concrete: azioni di disturbo tipo critical mass…






sabato 7 dicembre 2019

UNA MOSTRA SUI DUE GRANDI GEOGRAFI DELLA ROMAGNA PIETRO ZANGHERI ED EMILIO ROSETTI. AL CENTRO UN MAGNIFICO PLASTICO DI CARTONE DELLA ROMAGNA REALIZZATO QUASI UN SECOLO FA. DANIELE ZAVALLONI GEOGRAFO EGLI STESSO NONCHÉ PRESIDENTE DELL’ECOISTITUTO E MEMBRO DEL COMITATO SCIENTIFICO DELL’ECOMUSEO DI CESENA STA LAVORANDO ALL’IMPRESA. CERCA SPONSOR E FONDI



Cercasi finanziamenti per mostra storica sulla Romagna (anzi, le romagne) di Pietro Zangheri ed Emilio Rosetti. Sarebbe anche l’occasione per esibire ad un pubblico più vasto, anche territorialmente, un autentico gioiello: un plastico della Romagna realizzato da quel grande scienziato che fu Pietro Zangheri nato a Forlì nel 1889, ragioniere, direttore dell’istituto per anziani della sua città, ma anche - come precisa il coordinatore del progetto della mostra Daniele Zavalloni - dedicò allo studio della terra natale “oltre sessant’anni di ricerca naturalistica e più di duecento pubblicazioni”.
Storico naturalista cesenate, geografo, direttore della Biblioteca dell’Ecoistituto (Cesena) Zavalloni sta lavorando all’impresa insieme al Presidente di Pro Natura di Forlì Paolo Silvestri, pur senza ancora la certezza piena dei finanziamenti (a parte 20 mila euro promessi dal Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e poco di più da altri sostenitori).
“È un’autentica opera d’arte – spiega Zavalloni riguardo al plastico- pur non essendo mai stata considerata quanto tale. Materialmente costituito di vecchio cartone di 5 millimetri, occupa un’intera stanza perché è un quasi quadrato di 4,5 per 5 metri. Rappresenta con una scala di 1:25mila tutta la Romagna, che dal punto di vista geomorfologico e naturalistico è più amplia di quella amministrativa, quella attuale, in quanto invade territorio toscano e marchigiano. Zangheri la compose nell’arco di un trentennio basandosi sulla cartografia militare, che era realizzata a terra da un misto di competenze: un ufficiale, un cartografo e un topografo in primis. Si trovava nella casa di Zangheri e, mentre il resto del materiale dello studioso sta a Verona, questa meraviglia smontabile in tre parti è stata trasferita a Santa Sofia nella sede del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi”.
Emilio Rosetti, il secondo studioso della mostra, nasce invece a Forlimpopoli nel 1839 ed è autore dell’ancora utilissimo volume di settecento pagine intitolato La Romagna: geografia e storia edito a fine ‘800 da Hoepli. Diversamente da Zangheri Rosetti scandagliata la Romagna tanto dal punto di vista naturalistico quanto da quello socio-economico. Località per località. All’interno del medesimo perimetro, per così dire, allargato.
Preventivata in 55 mila euro circa, la mostra consisterebbe in disegni, fotografie della Romagna, una traduzione digitale del plastico e pagine internet sul tema: il tutto a coronamento di una ventina di tavole quadrate di un metro di lato illustranti la vita di questi due grandi romagnoli. Vita largamente vissuta in Argentina da parte di Rosetti. Invece da parte di Zangheri ininterrottamente dedita alla ricerca scientifica tanto da essere definito da Zavalloni “il più grande naturalista del ‘900”. Quindici tavole per Zangheri, cinque per Rosetti.
In una certa misura seguirebbe la traccia di un’altra precedente impresa di Zavalloni e del suo Ecoistituto, a cui Zavalloni vorrebbe, con la biblioteca specializzata di 15-20 mila volumi, imprimere un rinnovato fervore dopo gli anni succeduti alla scomparsa del fratello Gianfranco (2012) vero capostipite dell’ambientalismo cesenate oltre che massimo animatore dell’Ecoistituto. Che quasi un decennio fa elaborò “venti tavole” illustrative delle opere degli Antonelli di Gatteo, che sono una famiglia di ingegneri e architetti che nel ‘500 vanno in Spagna e nelle Antille operando più e meglio del genio vinciano che, notoriamente, molto ideò ma molto meno realizzò.
Gli Antonelli, invece, dopo essersi distinti in fatto di ingegneria militare in occasione dell’assedio di Siena del 1554 da parte di Carlo V e relativi alleati, dirigono la costruzione di opere pubbliche per i reali di Spagna e Portogallo quali gli interventi per rendere navigabile il Taro e poi la diga di Tibi. Che è di mattoni eppure la più alta al mondo. E fortificazioni militari in Africa del Nord e in America latina tali, quest’ultimi, da mettere in scacco il terribile corsaro al servizio della regina d’Inghilterra Francis Drake. “Attualmente cinque siti realizzati dagli Antonelli in America latina sono stati dichiarati dall’Unesco patrimonio dell’umanità” puntualizza Zavalloni sottolineando anche che nel 2015 l’Ecoistituto partecipò alla settimana della cultura italiana all’Avana proprio raccontando la vita di questa famiglia con quelle tavole collocate all’interno dei locali del Castello della Punta”. Oggi il materiale costituisce una “mostra permanente”. 

Vano invece ogni sforzo di esporle a Gatteo, città natale degli Antonelli. ”Ci riuscimmo invece a Vaiano”, nel pratese (Toscana). Zavalloni spera in un maggior successo romagnolo per Zangheri (su cui sta scrivendo una biografia) e Rosetti.

venerdì 29 novembre 2019

PARTITA LA RASSEGNA CULTURALE DEL SEVEN SPORTING CLUB A SAVIGNANO SUL RUBICONE ORGANIZZATA DA CHRISTIAN BRIGLIADORI. A COLLOQUIO CON UN PROMOTORE CULTURALE ROMAGNOLO CHE AMA LA DISCUSSIONE. ANCHE SU TEMI SCOMODI E DIVISIVI

by Giuseppe Fabbri

Educazione all’aperto come antidoto migliore contro la scuola e contro le malattie lo stress e l’ansia, e poi pratica sportiva multidisciplinare, apprendimento a far da soli, desiderio legittimo di nascondersi (anche dai genitori) e ritorno alla pratica delle piccole responsabilizzazioni di una volta. Infine, sottolineatura della comune radice di emozione e movimento. Comincia con questi argomenti la serie di iniziative culturali del Seven Sporting Club intitolata Cammini e organizzata da Christian Brigliadori che del complesso sportivo savignanese è da circa tre anni direttore tecnico e coordinatore di tutte le attività. In cattedra venerdì 22 novembre nella sala Vendemini Roberto Farnè, che è, tra l’altro, professore ordinario di scienze per la qualità della vita e coordinatore del corso di laurea magistrale in Wellness cultures: sport, earth and tour a Bologna.
Diploma di geometra, educatore dei centri estivi, ex-odiatore (“nel profondo”) della scuola, il quarantunenne Brigliadori è un folgorato sulla via della cultura. “Organizzo da quattro anni rassegne culturali con persone da tutt’Italia”. Cultura a 360°. Sport compreso. Riguardo a cui nutre una visione quanto mai democratica. “Se ti iscrivi ad uno sport –osserva- ti dicono che il bambino è centrale, ma poi al 99% si dividono i bravi dai meno bravi. Immagina quindi i disabili. Quando invece la psicologia sportiva dice che più il gruppo è diversificato meglio è”. Anzi, come recita lo psicologo dello sport Mirko Mazzoli, “più il gruppo è eterogeneo più cresce il talento. Noi quindi siamo aperti ai disabili senza se e senza ma e se ho un down lo inerisco con gli altri punto”. Utopista, quindi, Brigliadori. Ama, però, i fatti: punta addirittura a certificare questa teoria imperniata su sport e inclusione, perché “vogliamo capire se quello che vediamo è scientificamente provato, perché se è così è come avere un bazooka in mano per cambiare le persone”.
È anche un miracolato, Brigliadori. Contestatore, diffamato, infine miracolosamente (“ancora la cosa mi stupisce”) approdato alla governance della struttura sportiva lustro di Savignano sul Rubicone (città dello sport nel 2012). “Cinque anni fa feci casino sullo sport mettendo il dito nella piaga sul sistema dell’assegnazione delle strutture e sui bandi relativi. E prima fui fermato da un carabiniere che, presomi da parte, mi rivelò di una presunta indagine su di me. Robacce indicibili che avrei fatto. Poi feci le mie indagini ben sostenuto da un ottimo avvocato, scoprendo che le maldicenze provenivano tutte da interessi molto concreti e, di conseguenza, procedendo con diffide a tappeto, facendo chiamare a testimoniare uno ad uno gli interessati e lasciando infine cadere la querela solo per pietà”, ma torniamo alla cultura, allo sport...



Brigliadori predilige “eventi (mix di testimonianze, musica, letture, filmati ed altro, NdR), che abbiano un impatto di contaminazione culturale”. Perché “bisogna ascoltare chi è diverso da te”. Obbiettivo: far riflettere, scattare domande. Al centro quindi personaggi contemporanei controversi. Il no vax Dario Miedico (“io sono un free vax e i miei figli sono vaccinati”). Vorrebbe a Savignano anche Mimmo Lucano, l’ex-sindaco di Riace che coi migranti ha risollevato un paese morto. E Marco Cappato, attivista radicale sul tema del fine-vita. Li tallona da tempo, pur respirando intorno a sé, sui due temi, mugugni vari.
Nel maggio 2017 ha portato in Romagna Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, per il cui evento ha intervistato a Palermo Nino Di Matteo, il giudice della trattativa Stato-Mafia. “I romagnoli dove sono?” è la frase con cui ricorda il giudice uscire dall’ufficio dopo una tregenda di controlli e contro-controlli prima di procedere all’intervista con la telecamera nella piazza della memoria della capitale palermitana sgomberata, bonificata, i carabinieri coi mitra puntati, il giudice che arriva con la scorta dopo un’ora. Esperienza pazzesca. D’altra parte, osserva, “per me la cultura è un modo per dare colore diverso alla propria esistenza e un modo per evolversi. Come opero? Aspetto, ascolto e, quando sento qualcosa, parto”. Aggiungasi anche che, laddove fiuta pregiudizi e censura, lì va. “Cerco di dare parola a tutti per arricchirmi e far parlare chi ha meno spazio”.
Aderisce alla teoria della pedagogia della lumaca di Gianfranco Zavalloni. “Rallentare non è perdere tempo e nell’iper-agonismo il bambino impara la furbizia non l’attenzione. Tant’è vero che da adolescenti abbandonano: alle prime difficoltà mollano. Cresciuti solo alla competizione poi non reggono”. 

Ma in particolare, del celebre volume di Zavalloni, invita a leggere “le prime pagine con i personaggi del nostro territorio che hanno fatto cultura secondo quella linea con sforzi sovrumani”; e a sentire le sue lamentele (anche nella serata di venerdì 22 tutta dedicata ai bambini e al divertimento) sulla fatica che la sua mission gli costa… si tratta senza dubbio di una schiera a cui si sente molto vicino.

domenica 24 novembre 2019


AMBIENTE E SALUTE, INQUINAMENTO E TUMORI. QUATTRO GIORNATE TRA MARZO E MAGGIO 2020 PROMOSSE DALL'ASSOCIAZIONE ROMAGNOLA RICERCA TUMORI DI CESENA. A COLLOQUIO CON PIER ANTONIO MARONGIU BIOLOGO E BANDIERA DELL'ASSOCIAZIONE

by Giuseppe Fabbri e Tiziana Lugaresi


Forse l’effetto Gretha sta avvantaggiando anche chi nei decenni passati ha battuto il chiodo senza grande successo, anche in Romagna, sul legame tra ambiente e salute e tra inquinamento e malattie, oncologiche in primis. Pare esserne convinto pure Pier Antonio Marongiu, 72 anni, biologo nutrizionale e medicale, figura storica dell’Associazione Romagnola Ricerca Tumori di via Cavalcavia a Cesena, presidente del Comitato Consultivo Misto dell’ambito territoriale cesenate, istituzione composta da 30 membri espressione del volontariato, della medicina e della Ausl Romagna. Sono lontani oramai i tempi in cui l’impegno di Marongiu era attenzionato dalla Digos o avversato con modalità a dir poco rudi perché forse scomode. Il vento è cambiato e Marongiu ammette, con inevitabile compiacimento, di percepire i “decisori (politici e dirigenti Ausl, NdR) un po’ meno lontani” dalle sue istanze. Oltre che, naturalmente, “di avere la conferma di avere camminato per decenni sulla strada giusta”.

Già nel 2006, per la verità, fu conferita una medaglia d’oro “al merito della sanità pubblica” alla associazione di cui Marongiu è consigliere mentre alla presidenza sta Franco Urbini (laurea in giurisprudenza). Oggi però che qualche barriera è caduta si può fare di più. Per esempio passare al contrattacco con una serie di quattro incontri proprio sul legame tra inquinamento ambientale e alimentazione, nutrizione, agricoltura biologica e patologie correlate, in primis quelle respiratorie. Si svolgeranno tra marzo a maggio 2020 in coincidenza col quarantennale della nascita dell’associazione presso la Sala Cacciaguerra del Credito Cooperativo Romagnolo di Cesena.


L’iniziativa è anche il frutto felice del ricompattamento della associazione romagnola sotto la guida di Urbini a partire dall’aprile 2019. Dopo cioè una fase di conflittualità interna e di parziale stallo. Una ripartenza che in realtà è semplicemente una prosecuzione ancora più convinta di prima della storica attività ambulatoriale rivolta alla prevenzione primaria dei tumori, dal melanoma al colon-retto, dal polmone dei fumatori all’utero e al seno. Arrt è stato, come nel caso della mammografia, un precursore della politica degli screening. Molto investe anche nella promozione di corretti stili alimentari presso i bambini.

Si tratta, invece, osserva Marongiu, di un vero e proprio nuovo inizio se si considera che tutto il team dell’associazione sostanzialmente ha deciso di convergere nell’adesione al principio scientifico, a quanto pare non sposato allo stesso modo da tutti i luminari, per cui “molte patologie metaboliche e oncologiche derivano dall’inquinamento ambientale”. Principio che, puntualizza Marongiu, alcuni trend negativi come l’aumento dell’incidenza delle patologie e l’età “sempre più giovane dei pazienti” avvalorerebbero eccome. Così come, aggiunge, “mirate sperimentazioni di laboratorio su roditori geneticamente modificati per ammalarsi delle stesse cose degli umani”.

Dall’aspartame al benzene, dal glifosato alla diossina ai campi elettromagnetici non mancano le sostanze correlate col cancro. Sono circa una trentina. Confermarne scientificamente la nocività è appunto la mission che l’associazione persegue attraverso progetti concreti avvalentesi della collaborazione di istituti di ricerca indipendenti e talvolta scomodi come il bolognese Istituto Ramazzini col suo Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni di Bentivoglio più volte citato da Marongiu.

“Bisogna far capire che il primo cardine della prevenzione primaria è conoscere ciò che è positivo e ciò che è negativo” osserva il biologo. Che è diverso dal medico, aggiunge Marongiu: il biologo vede quello che succede nella cellula, il medico nell’organismo. Pertanto, per esempio, il biologo ha tutto il diritto di sostenere apertamente l’agricoltura biologica perché se è vero come è vero che nella prevenzione primaria contro il secondo tumore per incidenza, quello del colon-retto, svolge un ruolo l’acido salicidico contenuto nella frutta e verdura, è d’altra parte indubbio che la sua presenza è garantita in assenza di fitofarmaci, peraltro da correlare anche al melanoma, la cui crescita, osserva Marongiu, è del 30-40% ogni. anno. Biologico e non biologico sono analoghi nei macronutrienti e nelle proteine, ma non nei micronutrienti, che “sono sostanze che permangono” e nel tempo possono svolgere un ruolo non positivo. Purtroppo, come studi mirati stanno dimostrando, anche di “eliminazione delle proteine oncosoppressive”.


“La diossina –spiega Marongiu- richiede 7-12 anni per dimezzare, ma ne assumiamo sempre un po’ e non riusciamo a smaltirla: si tratta di molecole che interferiscono e sono anche transgenerazionali perché si fermano nell’ovaio e nello spermatozoo. Nella Pianura padana abbiamo la maggioranza di patologie tumorali di zero-dodicenni. La Pianura padana è da bonificare”. Tanto per dire, insomma, che per Arrt c’è ancora tanto lavoro da fare.