La mostra O Roma o Morte a cura di Franco D’Emilio e Francesco Minutillo visitabile nel paese natale di Benito Mussolini, Predappio, Fc, fino al 4 novembre al venerdì, sabato domenica e festivi non è apologia di fascismo, ma dal punto di vista storico esprime un difetto perfino peggiore. Giovedì 15 settembre se ne parlerà a Piazza pulita grazie ad una visita in loco dei giornalisti di Formigli e ciascuno potrà farsene un’idea. Il nostro appunto è questo: la mostra non pone nel dovuto e corretto rilievo la violenza sistematica delle squadre fasciste ai danni di tutto ciò che riguardava il movimento socialista, sindacale e associativo della sinistra di allora, e pure degli slavi, che scattò con una progressività incontenibile e mirata a partire dal 1921 ed in particolare dall’inizio del 1922.
D’Emilio, classe ’51, una vita ai Beni culturali, guidandoci da vero signore e competente di cultura e storia per la mostra ci convince in pieno sul valore documentario dei cimeli e comunque dell’allestimento complessivo e crediamo non sia piaggeria invitare a visitarla e perfino apprezzarla. Prima di giudicarla.
Non può però liquidare la questione chiave del colpo di stato del 27 ottobre 1922 che interruppe per un ventennio la vita dell’Italia liberale coll’argomentazione, riportata nei pannelli illustrativi e da lui stesso a noi ribadita, che a violenza rossa ne insorse per reazione e necessità una analoga nera, e che la turbolenza complessiva politica e sociale del dopoguerra giustificò un’azione fortemente repressiva per riportare ordine e, di conseguenza, fare poi cose buone.
La questione è molto più complessa e proprio per questo la mostra avrebbe bisogno di una stanza in più tutta dedicata alla premessa storica della Marcia su Roma, rappresentata appunto dall'azione liquidatrice ai danni di ogni opposizione al fascismo, che si scatenò sostenuta dai poteri forti di allora e, soprattutto, da esercito e carabinieri. È fuorviante, mistificatorio e sostanzialmente falso limitarsi ad affermare, più o meno, che “la forza (quella fascista) fu l’estremo rimedio al disordine sociale”.
Primo perché nella prima fase alla turbolenza (1919-21) con corollario di morti neri, bianchi rossi innocenti e pure soldati e carabinieri contribuirono anche i fascisti. Secondo perché i leader socialisti, per quanto ambissero, come dicevano, di fare come in Russia, erano tuttavia alieni dal ricorso alla violenza, anche se questa non mancò negli scontri: tendenzialmente non l’approvavano e i fatti dicono che ci misero molto a capire che solo con la forza avrebbero almeno potuto rallentare la catastrofe. Terzo, togliere dall’ascesa del fascismo il booster della sopraffazione fisica all’insegna appunto del O Roma o morte significa non solo edulcorare il fascismo ma anche precludere la comprensione dei disastri successivi: dal totalitarismo alla liquidazione mirata degli oppositori, dai massacri in Etiopia alle leggi razziali e alla guerra insieme a Hitler...
La mostra andrebbe insomma, da un lato, significativamente integrata. Dall’altro inquadrata in modo più amplio e onesto. Dopo di che, ma solo dopo, potrà partire per lidi più affollati di Predappio e contribuire alla creazione di una istituzione che manca: il museo storico sul fascismo.
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