sabato 1 agosto 2020

FRANCESCO GOBBI, ATTORE E AUTORE DIALETTALE, 42 ANNI, CESENATE, RACCONTA A RUMAGNACUMCLAJÈ LA FATICA DELLO STARE SULLA BRECCIA E CONQUISTARE SPAZI NELLA ROMAGNA DEL DISTANZIAMENTO SOCIALE




Un altro che approda al dialetto dopo un bel po’ di zigzagare tra altre esperienze è il quarantaduenne cesenate Francesco Gobbi. Inizia con la passione per la sceneggiatura, “perché mi è sempre piaciuto scrivere”, ma poi passa alla batteria per un decennio con anche un gruppo. Finché Silvia Dall’Ara “mi tira dentro per fare una parte in teatro”, nel corso della quale esperienza rifiorisce però la passione per lo scrivere in concomitanza con la scoperta dei grandi della poesia romagnola. Segue un’altra parentesi sulla scena interpretando diversi personaggi per la Storia ad nuitar (storia d’Italia) di Aldo Cappelli, storia comica e/o tragicomica messa in scena dalla compagnia Cla bèla compagnì, prima di planare alla fase attuale. Quella in cui “interpreto me stesso”. Autore e attore. A modo suo…
“No parché ... – ce lo spiega alla sua maniera- i vo c'a impèra a memoria al Robi c'a scriv...no, e no par dal rason...a scriv una roba a e mes: poesia, monologo eccetera... che apena fnì ad scrivli me an végh agli ori ad cuntèli ... parché pió c'a tèrd a cuntèli e piò c'al s'infreda...nel senso, perdono di freschezza, attualità e pù u jè e fat che me al scaletti a li scriv sgonda e pòst in du c'a sò, sgonda e periodo: instèda, inveran, mèza stason...e pù sgonda la zenta slà jà una zerta età o se invizi i è piò zuvan che me...non voglio fare le stesse cose per tutti! È sbagliato! Ho la mentalità da "orchestrale" da bravo romagnolo...quindi fidatevi no! Capisco il pubblico, in dei momenti lo assecondo e in altri lo stupisco... questo intendo per freschezza... sparemma che quicadon ul capessa...un dé...ma nò tròp tèrd...c'a ne savam miga quel c'ui sarà dmèn...”
Sì, perché è una gran fatica conquistarsi serate e restare sulla breccia, ci confessa nel lento tramonto di una sera di luglio davanti ad un piatto di tagliatelle e solo acqua al bagno Settebello di Pinarella di Cervia. Cioè, le soddisfazioni non gli mancano, ma “per la fatica che faccio sono niente”. “Non riesco a superare né il Ronco né l’Uso” ci scherza su. A Forlì “sono in difficoltà” perché “sono conservatori”. A Santarcangelo di Romagna, olimpo di grandi dialettali, non ultima la contemporanea Annalisa Teodorani, “mai riuscito ad entrare”. E quasi nulla riesce a combinare oltre il Marecchia, a Rimini, dove si è esibito solo una volta col suo A nin pos piò di turestail 22 agosto 2019 alla Colonia Bolognese invitato dall’associazione Il Palloncino Rosso, nata a Rimini nel 2015 per occuparsi di innovazione sociale e rigenerazione urbana, con ingegneri, architetti, avvocati e commercialisti tra i suoi fondatori. L’associazione stessa conferma sul successo dello spettacolo: pubblico numeroso, risate, artista soddisfatto. Quest’anno però, non l’hanno richiamato.
E pure sulla Rigossa, Gambettola, per Gobbi si mette male quest’anno, dopo che “chi gli vuol bene”, cioè Cristina Minotti, è uscita dal Teatro del Drago (teatro comunale di Gambettola e altro, NdR), che è un’associazione “grazie a cui andai a Gambettola e a Casola è una favola (rassegna estiva, NdR) e se a Gambettola non c’è la Cristina quest’anno non faccio niente”.
“È una fatica trovare gli spazi, perché tendenzialmente è difficile ottenerne uno da chi ce l’ha se non gli puoi dare qualcosa in cambio magari a causa del fatto che sei un cane sciolto: ti proponi ma poi facilmente chiamano un altro”. C’è una specie di “cartello” di fatto tra gli artisti. Basato su scambi reciproci.
Presumibile, inoltre, da parte nostra, che Gobbi sia anche vittima della tendenza, precedente l’emergenza pandemica, ma da questa sicuramente rafforzata a causa delle restrizioni economiche e degli spazi, di affidare in via diretta da parte dei comuni l’organizzazione di eventi e rassegne alle associazioni culturali, nelle cui grazie e/o sacrosante preferenze devi necessariamente entrare. Se no stai fuori.
La situazione più eclatante appare quella di Cesenatico, Gatteo e San Mauro Pascoli, le cui rassegne sono interamente gestite da Mikrà di Roberto Mercadini. Che così va per la maggiore in Romagna sia come interprete che come organizzatore. Un ruolo di fatto riconosciutagli anche dalla Regione Emilia-Romagna, del cui stanziamento di 280 mila euro a sostegno della cultura maltrattata dall’emergenza Covid 25 mila euro andranno a Mikrà. Che riesce pure a fare breccia in aree altrui. Per esempio a Sogliano al Rubicone. Che invece per il teatro si affida da anni all’associazione culturale Cult di Simonetta Villa e la direzione artistica di Stefano Bellavista, il presidente (31 mila euro lordi) di Unica Reti (società a capitale pubblico di reti impianti e dotazioni per l’erogazione dei servizi idrici e del gas naturale dei 30 comuni di Forlì-Cesena) oltre che ex-vicesindaco e assessore di Savignano sul Rubicone tra il 1993 e il 2009. In alcuni cartelloni, per esempio quello estivo post-Covid a Villa Torlonia (Revérso), Mikrà e Cult hanno formato, per così dire, una joint-venture. Né in Cult né in Mikrà figura però Gobbi.
A cui va invece meglio sul Savio, a Cesena, per questa estate 2020 proprio perché l’amministrazione comunale ha deciso di dividere democraticamente tra le associazioni lo spazio destinato agli spettacoli, il Chiostro di San Francesco, e Ti ad chi sit e fiol che ha Leonardo Belli, Maurizio Balestra e altri ancora che fanno il tifo per lui, “ha scelto me”. L’uscita fa il paio con quella di qualche mese fa alla Rimbomba di Davide Fabbri a Bertinoro, dove il performer si è conquistato una serata forse unica per un bel po’ per gli artisti di ogni ordine e grado a causa dei limiti imposti dal distanziamento sociale: “col pubblico tutt’intorno”. E pure sul Rubicone “è la terza volta che ci vado”, invitato da Gabriele, il factotum di Savignano eventi. E un paio di puntatine se le è acchiappate pure sul Montone (Ravenna), per quanto uniche sempre per mancanza di contropartite da parte propria.
Al tempo stesso, però, è proprio a causa della delega alle associazioni della gestione della politica culturale che sul Rubicone cesenate Gobbi ha perso una sponsor preziosa: Manuela Gori, 58 anni, educatrice, volontaria Auser, animatrice di attività culturali nel quartiere Rubicone di Cesena, frazione di Calisese, ma anche a Montiano e Gambettola. Nel solo 2019 nel quartiere-frazione periferico della città malatestiana Manuela Gori aveva organizzato come volontaria una quarantina di eventi culturali“distribuiti per le varie fasce di età, con circa 4500 euro lordi”, spesso mescolando, secondo il format che particolarmente ama, generi, lingue, artisti, scrittori, poeti e quant’altro; e in effetti nel corso di una chiacchierata nella sua base operativa, la biblioteca periferica di via Suzzi 195 nell’estate di quell’anno una Gori sicuramente molto più pimpante non aveva affatto nascosto il suo apprezzamento per Gobbi (oltre che, naturalmente, per tanti altri) in quanto interprete moderno e tutto sommato originale di quella che, anche a suo avviso, appare come una fase nascente, cioè di rinnovamento e fermento e revival, del glocal romagnolo in tutti i suoi generi.
Per il quale organizzava rassegne come The moon in te poz serate nella sede del quartiere (Haiku romagnoli e giapponesi) o al castello di Montiano, appunto, con Gobbi. Soprattutto però per otto anni fino al 2019 è stata la massima ispiratrice di quella originalissima tre giorni estiva intitolata Maggio nelle aie, con performance di scrittori, attori, poeti e narratori presso aziende agricole e agriturismi di Calisese e dintorni. Tutto all’insegna del dialetto e della cultura romagnola, e tutto con un’idea molto chiara e in fondo molto politica del proprio operare. “L’elemento romagnolo, quello delle origini –puntualizza Gori- è stato un po’ il volano per ricreare una comunità oltre che mantenere una integrità pur aprendoci ad altri apporti…”
In sostanza anche a Cesena, per quanto in maniera meno oligopolistica che altrove, ma forse, come ormai da un decennio, ancora più colpevolmente approssimativa, visto che Cesena è costituita da 100 mila abitanti, 12 quartieri-frazioni e quasi 250 kmq, nei prossimi mesi e forse anni saranno le associazioni a decidere chi, dove e che cosa offrire al cittadino come cultura. E, non appartenendo ad alcuna associazione né rappresentando “un nome spendibile in modo autonomo”, e avendo inoltre il Comune di Cesena, assessore Christian Castorri, stanziato una cifra risibile per le attività periferiche, in pratica pochi euro per la gestione della biblioteca e nulla per spettacoli e cultura, la brava volontaria e animatrice culturale di Calisese oggi appare fuori gioco da tutto. Semplicemente priva di risorse. Quest’estate e probabilmente anche dopo.
“E non se lo merita –commenta Gobbi- dopo quanto si è sbattuta, e si è sbattuta molto, sempre in prima persona, tirando per la giacchetta un po’ qui un po’ là. Se non c’è lei che accende la miccia sono quasi tutti dormienti in quella zona di Montiano, Calisese, Rubicone. Senza lei a dare input mi sa che succederà ben poco lì, purtroppo”.

giovedì 27 febbraio 2020

I VERDI ROMAGNOLI NELLE ULTIME TORNATE ELETTORALI HANNO SCELTO L’ABBRACCIO COL PD CONDANNANDOSI AL NANISMO E ALL’IRRILEVANZA. OLTRE CHE CONTRADDICENDO I PROPRI VALORI SULL'AMBIENTE. COMPLICE L'OSSESSIONE SALVINI MA ANCHE UN'OSCURA FUGA DALL'OBBLIGO DI DISTINGUERSI IN MODO INEQUIVOCABILE SECONDO L'ESEMPIO DEI GRUNEN TEDESCHI FACENDO EMERGERE FIGURE PRO-AMBIENTE POPOLARI IN MODO TRASVERSALE


Candidati Verdi a Cesena, elezioni regionali gennaio 2020

Linda Maggiori, blogger e scrittrice ambientalista faentina, si dichiara “amaramente” pentita di essersi candidata come Europa Verde al seguito di Stefano Bonaccini, dal 26 maggio 2020 bi-presidente della Regione Emilia Romagna. S’è accorta infatti che l’impegno del Partito Democratico di non consumare più suolo, favorire la mobilità sostenibile e ridurre i combustibili fossili sta più nelle parole che nei fatti. E allora... è ora di parlare dei green romagnoli. E del disastro in cui versano.

In generale non hanno di che gioire i Verdi emiliano-romagnoli per lo striminzito 1,95% delle ultime regionali svoltesi in piena temperie di allarme climatico. L’ingresso in consiglio della giornalista Silvia Zamboni grazie al collegio bolognese e a 790 preferenze forse può consolare un po’ nonostante peggio di lei abbia fatto solo il secondo eletto cinquestelle. Non certo però illudere di imporre a Bonaccini la svolta radicale che l’allarme sulla salute della Terra imporrebbe.

Per la Romagna però le cose stanno anche peggio. Non solo la piddina Lia Montalti, che alla propria candidatura aveva impresso un taglio ecologista col suo Manifesto per l’economia verde e l’ambiente, è stata esclusa dalla giunta (e non l’ha presa bene). C’è anche che in consiglio nei prossimi cinque anni il forlivese-cesenate sarà rappresentato dal compagno di partito Massimo Bulbi (oltre 4000 preferenze), il cui principale merito green è di non essere ipocrita e di non nascondere di amar poco la parola ambiente.

Preferisce territorio. Che in quanto presidente di Federcaccia di Forlì-Cesena significa anche territorio di caccia. Bulbi inoltre è un tenace sostenitore della mobilità stradale: delle circonvallazioni, delle bretelle e dei raddoppi. E come presidente della provincia di Forlì-Cesena ha svolto un ruolo determinante nella trasformazione della valle dell’Uso in un polo di smaltimento dei rifiuti incentrato sulle discariche. Ad oggi siamo alla terza. Rifiuti anche pericolosi da tutt’Italia. Senza peraltro che né i Verdi cesenati né quelli riminesi abbiano mai espresso sul tema una mezza parola.

I Verdi romagnoli non sono i grunen tedeschi, d’accordo, e non hanno la stessa forza. Aborriscono poi l’idea della destra al governo della regione. Che pena però vedere Maurizio Pascucci, candidato nel cesenate per il partitino, che sostiene di avere a cuore la vita di tutti gli animali senza eccezioni, confrontarsi sulla stampa pre-elezioni con Bulbi chiedendosi come faranno mai due così a stare nella stessa coalizione. 

Certo, Pascucci è uomo Arpae e attualmente lavora alla Struttura Oceanografica Daphne di Cesenatico e Bulbi nel forlivese-cesenate è passato nell’arco di un quarto di secolo dall’assessorato presso la comunità montana alla presidenza della provincia per finire a sindaco nella sua Roncofreddo. Fanno cioè parte di una grande famiglia amministrativa allargata tinta grosso modo dello stesso colore e se Bulbi è un Pd doc Pascucci sicuramente simpatizza. 

Però, solo per dare un’idea del tasso di primitività con il quale le ragioni dei cacciatori raccolgono ascolto presso il Partito Democratico, basti la circostanza della decurtazione ad opera della regione Emilia-Romagna (delibera del 8 aprile 2019) di ben due terzi dell’Oasi floro-faunistica di Torriana Montebello nel riminese (l’oasi più “longeva del territorio riminese” inclusa nel Sic Torriana Montebello e Fiume Marecchia) con la motivazione della “densità di cinghiali eccessiva”. 

Erano quasi 900 ettari, ne resteranno 326, e i cinghiali verranno ammazzati, scrive il comitato che ne vorrebbe la reintegrazione, “col metodo (incivile, NdR) della braccata che è il peggiore per l’ambiente”. “La braccata – scrivono – può essere fatta nei giorni di mercoledì, sabato e domenica di ogni settimana dal sorgere del sole al tramonto ed è vietato a chiunque di accedere, considerato il rischio per la pubblica incolumità determinato dalle armi e dalle munizioni particolarmente potenti impiegate per tale forma di caccia”. Altro che turarsi il naso!

D’altra parte l’abbraccio col partitone da qualche anno sembra nascere da un impulso compulsivo in Emilia-Romagna e in Romagna in particolare. A Cesena, addirittura, avviene, per così dire, “a mia insaputa”. Nel giugno 2019, secondo la stampa locale i Verdi si schierano con Enzo Lattuca (Pd) al ballottaggio. Sono in tre, Maurizio Pascucci e Cristina Mengozzi (marito e moglie), più Sara Mazzuoli (che vive a Lund, Svezia). Anzi, quattro. C'è anche Gabriella Poma di Bertinoro. Lo stesso paese di Sauro Turroni, ex-parlamentare verde, indicato come possibile regista dell'operazione.

Cesenatoday scrive che sono Verdi, perché il partito, assicura il giornale, è stato ricostituito prima delle europee. “Un’iniziativa a livello personale” commenta però il cesenate Giancarlo Biondi, verde storico che nel 2012 è stato pure delegato con Davide Fabbri, Stefano Brigidi e Leonardo Cuni all’Assemblea programmatica dei Verdi di Chianciano e che ai Verdi è ancora iscritto.

Almeno i riminesi un barlume di serietà l’hanno inscenata. Ad ottobre 2019 hanno raccolto aderenti e simpatizzanti in una Assemblea Costitutiva con tanto di mozione e perfino un dibattito, nel corso del quale i due fronti, quello pro-alleanza col Pd e quello contro, si sono espressi in modo abbastanza trasparente. “Vecchio dilemma” ha esordito la bolognese Silvia Zamboni evidentemente favorevole al pro. “No ad alleanze, sì al piccolo partito che pungola” era invece la posizione di Marco Affronte, ex-europarlamentare grillino.

Qualche giorno dopo però a Bologna vince il primo, come del resto prevedibile già a Rimini. Col bel risultato complessivo, giusto per tirare le somme, che a Cesena dei Verdi “a mia insaputa” sparisce traccia esaurito il compito di portare voti al sindaco Lattuca. A Faenza, d’accordo Art. 1, ringalluzzisce il partito del mattone. E a Bologna Bonaccini, come premio per lo “sbattimento” (potrebbe dire qualche follower di Linda Maggiori) per farlo vincere, esclude dalla nuova Giunta regionale, oltre all’unica romagnola “verde” del suo partito, anche i Verdi. Che come bambini un po' sprovveduti e confusi si lagnano e pentono. 

venerdì 14 febbraio 2020

IL CLIMA CAMBIA, IN PEGGIO, E LE MALATTIE AUMENTANO. È IL MANTRA DELLA CESENATE ASSOCIAZIONE ROMAGNOLA RICERCA TUMORI ILLUSTRATO NELLA PRIMA SERATA DEL CICLO DI CONFERENZE SUL TEMA IN OCCASIONE DEL PROPRIO QUARANTENNALE. CHE FARE? NON BASTERÁ IL MANUALE DEL BRAVO ECOLOGISTA. URGE, SECONDO SCIENZIATI E GIOVANI FRIDAYS, UNA RIVOLUZIONE NELLA POLITICA, NELL’ECONOMIA E NELLA COMUNICAZIONE


Se qualcuno fosse alla ricerca di un esempio di collaborazione tra le due generazioni estreme, quella dei venti- trentenni e quella d’argento, che la demografia, l’economia e l’Inps mettono solitamente in conflitto, avrebbe dovuto partecipare alla serata di lunedì 10 febbraio 2020 presso la sala Cacciaguerra del Credito Cooperativo di via Bovio a Cesena in occasione della prima serata del Ciclo di conferenze nel quarantennale dell’Associazione Romagnola Ricerca Tumori (Arrt) su Inquinamento Ambientale e tumori.

Il tema della serata era Inquinamento e cambiamenti climatici: effetti sulla salute, e in cattedra c’era Gianni Tamino, ex-docente di biologia all’università di Padova, oggi impegnato nell’Isde (Associazione Italiana Medici per l’Ambiente). Il luminare, per quanto magistralmente, non ha riferito nulla di più di quanto il mondo scientifico sta cantando da tempo, in particolare negli ultimissimi anni, con veri e propri proclami. Non ultimo il celebre Act now idiot. L’emergenza clima, ha egli stesso del resto sottolineato, tocca ormai i cinquant’anni. I primi allarmi risalgono ai primi anni ’70 e non sbagliavano se non riguardo ad un dettaglio: “Eravamo ottimisti. Oggi le cose sono peggio di quanto avevamo previsto”. 

Nella Sala Cacciaguerra, però, a rimpolpare un pubblico comunque magro, c’erano anche i giovani del Friday for future, che, a quanto pare, a Cesena si riuniscono negli spazi di Arrt in via Cavalcavia e sul palco erano rappresentati dal cesenate Michele Bruzzi, figura di convergenza tra i fridays e le sardine. Il dibattito successivo pertanto ha preso incontenibilmente un indirizzo politico. Così che di salute s’è parlato meno.

Perché entrambi i fronti, quello degli anziani rappresentati da Tamino, ma anche dal biologo Antonio Marongiu, figura storica dell’Isde, nonché da Franco Urbini, attuale presidente, e pure dal dottor Giancarlo Biasini, ex primario di pediatria al Bufalini, e l’altro, quello dei giovani dei nuovi movimenti politico-ambientalisti, hanno concordato sull’idea che le buone pratiche individuali non basteranno a contenere l’impennata del climate change con le inevitabili conseguenze ambientali, economico sociali e, naturalmente, sanitarie. “Nessun paese del G20 ha raggiunto gli obbiettivi di riduzione” ha detto Tamino. La CO2 continua a crescere e anche l’uso del carbone.

Che fare, quindi, secondo chi in nome dell’ottimismo della volontà non si rassegna alla previsione dei peggiori disastri derivanti dal superamento del limite di 1,5 gradi della temperatura media della terra, superamento che il pessimismo della ragione dà per scontato? Queste le risposte. Secondo una giovane architetta del pubblico urge “una visione alternativa al mito della crescita, che non c’è”. Tamino invece sostiene che bisogna “imporre dal basso il cambiamento” allo scopo “di riinserire l’economia nel sistema circolare” proprio della natura al posto di quello “lineare” proprio della società della crescita obbligatoria, del consumo ad oltranza e della produzione dei rifiuti. Secondo Bruzzi infine, in linea con le istanze sardinesche, ci vuole una “rivoluzione nella comunicazione” che porti al centro del dibattito collettivo un problema (il climate change, NdR) che invece sta tragicamente “distante dai problemi della vita quotidiana”. Ma non lo è.

Tanto che dal pubblico è uscito un interrogativo quanto mai funereo. Non è che questa negazione massificata del dramma incombente non sia altro che una delle cinque fasi associate alla comunicazione di una malattia inguaribile, la fase cioè della negazione del lutto? “Il lutto di noi stessi” ovviamente...